venerdì, 26 Aprile 2024

La scrittrice Giulia Fagiolino, senese di nascita e viterbese d’adozione, dopo aver vinto quattro premi letterari internazionali e aver esordito con il romanzo “Quel Giorno” (Capponi Editore) nel giugno 2018, si è riaffacciata al mercato editoriale con l’opera “In un battito d’ali” edito da L’Erudita, Giulio Perrone editore.

Giulia, raccontaci per sommi capi la storia che narri e catapultaci nel periodo e nei luoghi in cui l’ambienti.

Il romanzo è ambientato durante la seconda guerra mondiale ed è una saga familiare. Ho preso spunto da alcuni fatti accaduti durante la guerra dai miei parenti e poi ho romanzato il tutto, la narrazione è caratterizzata dal binomio realtà e fantasia. Tra i personaggi esistiti cito Corrado che fu veramente un mio prozio che tornò a piedi esanime dal campo di concentramento di Mauthausen, tra i personaggi di fantasia non posso non nominare Agnese, donna forte che non si arrende alla paura di non riuscire a proteggere i propri cari o Ginevra, sua figlia, che reagisce alla disperazione fino a rischiare la propria vita per amore. Il romanzo, poi, alla luce dei fatti che mi sono stati raccontati è ambientato sotto la linea Gotica, vicino Firenze, dove era molto forte la lotta partigiana, anche se i nomi dei paesi sono di pura fantasia.

È un romanzo corale, hai mai pensato di scrivere un libro a quattro mani?

Sono presenti molti personaggi, ognuno con la sua storia, la sua personalità, i suoi sentimenti, vite che si intrecciano tra di loro. Quando scrivo punto molto sugli stati d’animo dei personaggi in cui mi immedesimo e seguo il mio filo logico nella narrazione. Non credo di essere capace di scrivere un libro a quattro mani.

Abbiamo detto, nel presentarti, che hai ottenuto diversi riconoscimenti partecipando a premi internazionali. È stato un incentivo ad andare avanti nella produzione letteraria o scrivi per puro piacere?

Mi è sempre piaciuto scrivere, da quando ero bambina. Sicuramente il fatto che abbia vinto tanti premi letterari mi ha spinto a continuare a scrivere libri, se con il primo mi fosse andata male penso che non avrei proseguito.

Quale rischio si può correre nel romanzare la Storia per rispetto dei fatti realmente accaduti e dei lettori?

Si deve essere fedeli alla storia, quindi riportare i fatti come realmente avvenuti e seguire di conseguenza il filo logico spazio temporale. In questo contesto bisogna inserire la parte di fantasia ed è l’aspetto più complicato cercare di amalgamare la vita reale con l’immaginazione, non sempre riesce bene.

Al contrario, quale rischio è dietro l’angolo se di Storia non se ne parla?

Ritengo che la storia sia maestra di vita – Historia magistra vitae – perché gli eventi si ripetono negli anni, nei secoli e quindi conoscerla ci aiuta ad affrontare meglio il futuro. Il non parlare di storia è un po’ come disconoscere le proprie origini e cancellare il nostro prezioso passato.

Infine, ci spieghi perché dalla critica sei stata paragonata al “fanciullino” di Pascoli?

I miei romanzi li definisco catartici, perché fanno capire che dopo i momenti difficili si può ricominciare a vivere. Mi hanno paragonato al “fanciullino” perché faccio comprendere che dai periodi bui si può uscire partendo proprio dal bambino che è dentro di noi, guardando la realtà con gli occhi dei bambini, senza preconcetti mentali.

Francesca Ghezzani

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