venerdì, 26 Aprile 2024

“Nel judo, chi non crede di poter realizzare l’impossibile, oltre a perdere di sicuro, rischia anche di farsi male. Molto male. Secondo me l’impossibile non esiste: esistono le scelte. Pensare fuori dagli schemi o rimanervi chiusi, ribellarsi alle leggi del corpo e modellarle secondo i propri desideri oppure assecondarle per quello che paiono essere. Io faccio scelte del primo tipo. Forse ci sono nato, così. Forse ci sono diventato, quando ero ancora piccolissimo”.

L’autobiografia di Fabio Basile L’impossibile non esiste (Giunti) è una bomba per il potere dirompente che ha: il lettore lo scuote e al tempo stesso lo affascina, immergersi nella vita di un campione – testardo, tenace e forse un po’ incosciente – permette di ridimensionare il nostro stile di vita e quello di tanti ragazzi più concentrati in obiettivi – spesso effimeri e futili – a breve termine che in grandi ideali e a cosa fare per realizzarli.

Niente è lasciato al caso nel percorso umano e sportivo di Fabio. Anche quando il destino ha provato a fargli cambiare strada, a farlo desistere, a distoglierlo dal suo sogno, lui non si è mai arreso. Solo una volta, comprensibilmente esasperato da una quotidianità di privazioni e dalla voglia di vivere, finalmente, come un sedicenne, mette tra parentesi la vita sacrificata da atleta per buttarsi in quella spensierata dei coetanei. Poi gli si presenta il conto, con un bivio: “O diventi un campione o diventi un co…”

La dislessia diagnosticata tardi, la cattiveria dei compagni di classe, gli allenamenti massacranti e l’incubo dei cali peso. Per rientrare in una categoria inferiore, che gli permetta di avere più chance sul tatami, deve perdere dieci chili in pochissimi giorni. Ma Fabio ha una tempra d’acciaio, ai detrattori o a quanti non credono in lui, è profondamente grato perché hanno fatto sì che accettasse sfide sempre più impegnative, con se stesso e con gli altri. E di vincerle, a costo di sacrifici e dolori: “Volevo tutto, e se lo ottenevo volevo di più. Più vincevo, più volevo vincere”. Ha combattuto con la febbre alta e con una caviglia rotta. È stato male fisicamente prima di alcuni combattimenti, stremato da ciò che il suo corpo aveva subito per uniformarsi al peso.

Alle spalle c’è anche una famiglia che non gli ha mai tarpato le ali, non lo ha scoraggiato ma lo ha sostenuto e assecondato in ogni scelta, anche quando per una serie di motivi sarebbe stato più semplice fargli cambiare idea.

L’indole guerriera di Fabio arriva da lontano. Appena nato è finito in incubatrice per una perdita di peso anomala. A quattro anni ha rischiato la vita per una gravissima polmonite.

Di fronte a eventi non sempre favorevoli, bastava davvero poco per accettare un’esistenza di mediocrità e quieto vivere. Fabio poteva crescere nelle insicurezze, accontentandosi.

Invece, non ha nemmeno cinque anni quando sale per la prima volta su un tatami, e capisce che lì troverà se stesso. Che nel judo potrà fare la differenza perché in quel contesto tutte le caratteristiche che lo rendono straniero al resto del mondo sono punti di forza: ha fronteggiato la paura della morte, ha una scala di valori del tutto differente da quella dei suoi coetanei, ha timore di esporsi di fronte al gruppo ma la volontà di farlo comunque, ha un’energia fisica esplosiva e inesausta. Ha i numeri per diventare un campione. 

Pino Maddaloni è il suo mito e quando vince l’oro alle Olimpiadi di Sidney Fabio promette a sua madre e a se stesso che, un giorno, salirà anche lui sul gradino più alto di quel podio, e diventa un professionista. Si esercita in ogni momento, con un solo obiettivo: essere il migliore, riscattarsi, dimostrare a tutti quanti il suo valore. Comincia a vincere.

Raggiunge il primo gradino del podio dei campionati italiani e internazionali ma l’obiettivo è solo uno: Olimpiadi, Rio 2016. Troppo giovane, troppo inesperto per gli allenatori e i tecnici che lo seguono.  Lui, complice l’entusiasmo dell’età e l’indiscussa mentalità di un samurai, dissipa a colpi di medaglie i dubbi di chi non lo considerava pronto.

Ha una caviglia rotta ma si qualifica battendo gli stessi avversari che da bambino idolatrava. Quando sale sul tatami olimpico Fabio Basile è sfavorito, ma non è volato fino a Rio per perdere. Non si è allenato e sacrificato tutta la vita per fermarsi a un passo dal suo sogno. Il combattimento finale contro An Ba-ul è storia. Quella della duecentesima medaglia d’oro d’Italia. Si potrebbe pensare che aver raggiunto questo traguardo l’abbia saziato, ma non è così. Fabio è un guerriero che oggi marcia verso un nuovo obiettivo: entrare nella leggenda. Vincere ancora e tornare sul tetto del mondo.

La voce di Fabio è diretta, autentica. Arriva al lettore nitida, con un tono perentorio. Lo stile a volte graffiante cattura il lettore e lo trascina in un mondo a parte. I termini tecnici del judo, le mosse, i segreti di questa disciplina intrigante conferiscono un tocco in più a L’impossibile non esiste. Il testo è stato curato dallo scrittore e agente letterario Lorenzo Laporta.

Fabio Basile (Rivoli, 1994) ha iniziato la sua carriera di judoka al Club 2011 Avigliana per poi passare all’Akiyama Settimo Torinese, sotto la guida di Pierangelo Toniolo, suo attuale allenatore. Parte del Gruppo sportivo dell’Esercito italiano dal 2013, pluri campione italiano, ha vinto tutte le principali gare internazionali di judo, fra le quali ricordiamo i Giochi del Mediterraneo (2013), la European Cup (2015), gli African Open (2016), diversi Grand Prix e Grand Slam, le competizioni di maggiore prestigio. Nel 2016 ha vinto le Olimpiadi di Rio, categoria -66 kg. Dal 2017 combatte nella categoria -73 kg. Nel 2017 è stato uno dei volti del programma Ballando con le stelle e, nel 2018, ha partecipato al Grande Fratello Vip.

Rossella Montemurro

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