mercoledì, 8 Maggio 2024

“Una famiglia riunita attorno a un tavolo, per il pranzo, poteva riscoprire l’affetto che la cementava, oppure l’odio mal sopito che pulsava sotto i sorrisi, come un bubbone pronto a scoppiare alla giusta pressione, guarire col tempo e riformarsi con nuova, malsana materia; covato sotto i freddi abbracci e gli stentati sfioramenti di guance che ambivano a emulare i baci. Giorgio Martinengo riteneva di trovare entrambi, amore e odio, nell’occasione, con l’aggravante che il pranzo era quello di Natale e che quel pranzo avveniva tra piemontesi.

Roberta aveva insistito fino allo spasimo perché venisse, e infine aveva acconsentito, sempre e solo per lei. Doveva tante cose a Roberta e lo sforzo di ritornare alla Martinengo vini, sotto la paterna cappa autoritaria, era aumentato quando aveva capito che questa volta ci sarebbero stati tutti.”

Panni sporchi per Martinengo (Fratelli Frilli Editori) è il nuovo romanzo di Fabrizio Borgio, il quarto che vede protagonista l’investigatore privato Giorgio Martinengo.

Durante il pranzo di Natale, con tutti i parenti – occasione insolita per la famiglia di Martinengo che non si ama come tante altre – Giorgio è “ingaggiato” dalla zia, la magna Luisa, per un’indagine patrimoniale sul marito Livio Baudino. Si tratta di un parente acquisito e un po’ spaccone che ha messo Betesio, lo zio matto, in una costosa e prestigiosa casa di cura a San Costantino Belbo, piccolo comune della Langa. La retta è alta ma Livio Baudino non si fa il minimo scrupolo e oltre ad accollarsi quella spesa riesce a condurre uno stile di vita sontuoso. Il tutto senza intaccare le finanze di famiglia. Una situazione che, se per magna Luisa è piuttosto inquietante, a Giorgio suscita molta curiosità.

Poco tempo dopo, è contattato da una ditta di Alba, l’Eno Drink, specializzata in bevande isotoniche e bibite a base di mosto non fermentato, una derivazione dell’indotto dall’inflazionato mercato vinicolo. Giacosa, il titolare, sospetta che il suo braccio destro, il giovane e ambizioso Derek Bosso, conduca il doppio gioco con una ditta concorrente. Un ingaggio classico per Martinengo che grazie alla sua esperienza non trova particolarmente difficile da eseguire. Le cose cominciano a prendere una piega amara quando sembra che il contatto di Derek Bosso con la concorrenza sia l’affascinante Melissa Pozzo, moglie di Alessandro Baudino, il fratello minore di Livio Baudino, il quale ha appena avviato una società che si occupa delle stesse bevande della Eno Drink. Come se non bastasse, è proprio Alessandro Baudino a cercare Giorgio e ingaggiarlo per indagare sulla presunta infedeltà della moglie mentre le indagini su Livio portano a società sospette e a una cooperativa di Canelli in odor di caporalato. Intanto, durante un torrido settembre, si preparano le vendemmie. Indagini multiple, grane di famiglia, mafie dall’est e l’aiuto di un outsider dai modi spicci e le mani pesanti attendono Martinengo e sarà tutto più difficile.

Borgio ha uno stile brillante e un debole per le descrizioni minuziose. Nei dialoghi non mancano espressioni in dialetto piemontese che li rendono più “coloriti” e d’impatto, caratterizzando personaggi che si muovono tra le Langhe e Monferrato.

Come tutte le storie di Borgio il libro nasce per sedimentazione: «Raramente affronto una sola tematica nei miei libri, penso che mostrare sfaccettature fra le più disparate all’interno della stessa vicenda renda la trama più interessante e articolata. Parto da un’idea e poi, rileggendo appunti sparsi mi ritrovo a incastrare concetti diversi costruendo le trame» spiega l’autore. «In particolare in questo libro mi interessava introdurre alcune considerazioni sul concetto di famiglia, sulla differenza tra la famiglia come sentimento rispetto alla famiglia come istituzione. Il resto sono quasi conseguenze».

In Panni Sporchi per Martinengo viene affrontato anche il tema del caporalato, ancora molto diffuso non solo nel sud Italia.

In merito allo sfruttamento dell’uomo, lo scrittore astigiano commenta: «Perché è una realtà presente e diffusa anche nel profondo nord, perché è un’orrenda pratica che non si è mai estinta e che a dispetto dell’essere nel ventunesimo secolo, condizioni che inconsciamente credevamo appannaggio del passato sono vive e fiorenti. Il caporalato è una barbara metafora e in troppi aspetti ricorda e riflette il mondo del lavoro, oggi».

Fabrizio Borgio nasce ad Asti il 18 giugno 1968. Appassionato di cinema e letteratura, affina le sue passioni nell’adolescenza iniziando a scrivere racconti. Trascorre diversi anni nell’Esercito. Lasciata l’uniforme, bazzica gli ambienti artistici astigiani, segue stages di sceneggiatura con personalità del nostro cinema, tra cui Mario Monicelli, Giorgio Arlorio e Suso Cecchi d’Amico. Collabora proprio come sceneggiatore e soggettista assieme al regista astigiano Giuseppe Varlotta. La fantascienza, l’horror, il mistero, il fantastico “tout court”, gialli e noir sono i generi che maggiormente lo coinvolgono e interessano ma non si pone paletti di sorta nella sua scrittura. Esordisce partecipando con un racconto breve al concorso letterario “Il nocciolino” di Chivasso e ricevendo il premio della giuria.

Ha pubblicato Arcane le Colline nel 2006 e La Voce di Pietra nel 2007. Per Fratelli Frilli Editori pubblica nel 2011 Masche (terzo classificato al festival Lomellina In Giallo) e nel 2012 La morte mormora. Nel 2014 esce Vino rosso sangue, il primo noir che vede protagonista l’investigatore privato Giorgio Martinengo cui seguono Asti ceneri sepolteMorte ad Asti (Menzione d’onore al festival Giallo Garda 2018) e La Ballata del Re di Pietra (2019). Suoi racconti sono ospitati nelle antologie Una Finestra sul noir e 44 gatti in noir. Sempre nel 2018 ha firmato la sceneggiatura con il documentarista Antonio De Lucia del cortometraggio Io resto ai surì in fase di distribuzione.

Rossella Montemurro

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