mercoledì, 15 Maggio 2024

“Egoismo, nella lingua della psicologia, altro non vuol dire se non prendersi cura di se stessi. Trarsi in salvo. Mettersi in sicurezza. Badare a sè. Tenersi presenti. Farsi felici.”

Mai più rimorsi quando le mamme scelgono di pensare a ciò che fa loro piacere anziché anteporre, sempre, le esigenze dei piccoli: è questo il senso di Lo faccio per me. Essere madri senza il mito del sacrificio (BUR) della psicoterapeuta Stefania Andreoli, un libro che nella prima settimana ha venduto 30mila copie. Lo faccio per me è una frase che mette a disagio quante sono state educate nel (falso) mito della maternità vissuta come senso di assoluta abnegazione verso i figli: notti insonni e rinunce (dalle piccole alle più grandi, quelle per esempio che riguardano la scelta di lasciare il lavoro), come se l’aver messo al mondo un figlio debba per forza coincidere con una rivoluzione (spesso nell’accezione negativa) nella vita privata di una donna – i papà, da che mondo e mondo, sono esenti.

“Sacrifichiamo la nostra vita per semplificare quella di chi ci sta vicino, risultando a disposizione (che è diverso da essere disponibili) per intascare l’approvazione di cui crediamo di aver bisogno in famiglia, con il partner, sul lavoro. Non solo neghiamo i nostri bisogni, ma facciamo di peggio: ne siamo i primi detrattori. Li trattiamo come se fossero cose che contano meno di quello che è importante per l’Altro, ma siccome non è così, senza accorgercene creiamo i presupposti per la catastrofe: ci illudiamo che il senso dello sforzo possa un giorno essere che se io rinuncio a cose che m’interessano per il tuo bene, tu farai altrettanto, no?”

La dottoressa Andreoli ha preso spunto dalla rubrica che tiene ogni martedì sul suo profilo Instagram: storie, attualità e tanti dubbi di genitori. Mamme, perlopiù. Disorientate, equilibriste, creative, volenterose, sull’orlo di una crisi di nervi, ma tutte accomunate da un’ambizione: compiere le scelte più giuste. Giuste, sì, ma per chi? Da quando si diventa madri, sembra sottinteso che l’unica ragione accettabile per qualunque decisione quotidiana e di vita sia “lo faccio per mio figlio”. Invece, con una prosa coinvolgente e ricca di rimandi, con un taglio sì psicoanalitico ma anche molto pratico, l’Autrice smantella le vecchie convinzioni, retaggi duri a morire, e apre gli occhi su comportamenti che dovrebbero rientrare nella più assoluta normalità delle mamme (non rinunciare al lavoro, andare dal parrucchiere, in palestra, ritagliarsi del tempo per sé) ma che invece sono causa di sensi di colpa. Eppure, soltanto facendo qualcosa per sé ci si arricchisce, si sta bene, si hanno più energie per affrontare una routine per altri versi sfibrante.

“Mettere davanti me significa che a me bado io. Significa certificare loro che quando stai con te e aderisci a quello che ti serve, disponi di tutto quanto ti occorra. È tempo che la maternità, in questo momento di crisi e di rottura del modello immolato, non si senta orfana del da farsi ma baciata dalla grazia dell’opportunità di riscriverne modelli plurali, declinati in base a storia, identità, bisogni, desideri e salute di ogni madre.

Non passi il messaggio che andrà bene tutto, bensì quello inverso: non andrà bene nulla, comunque.

I nostri figli avranno il diritto e il dovere di mostrarci un conto – il più possibile salato! – a un certo punto del loro tentativo di identificarsi separandosi da noi. Qualcosa, dunque, dovranno pur imputarcelo.”

Rimodulare il senso dell'”istinto materno”, far respirare davvero le neo-mamme, cambiare – tutti – una mentalità ormai obsoleta e deleteria per una donna in una particolare fase della sua vita: è anche questo il messaggio, quanto mai liberatorio, di Lo faccio per me.

Stefania Andreoli, psicologa, psicoterapeuta e analista, lavora da sempre con gli adolescenti, le famiglie e la scuola occupandosi di prevenzione, formazione, orientamento e clinica. Consulente tra gli altri per Walt Disney, Mondadori, Fabbri e De Agostini, è presidente dell’Associazione Alice Onlus di Milano. Scrive per il “Corriere della Sera” e “la27esimaora” ed è ospite fissa in diversi programmi radio e tv, tra cui “Catteland” su Radio Deejay. Già collaboratrice del Ministero dell’Interno per le politiche di contrasto alla violenza di genere, è Giudice Onorario del Tribunale per i minorenni di Milano. Per BUR ha pubblicato Mamma ho l’ansia (2016), Papà fatti sentire (2018) e Mio figlio è normale? (2020).

Rossella Montemurro

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