martedì, 7 Maggio 2024

“Il mio colore preferito è il giallo.

Giallo come il sole, giallo come il girasole, giallo come il limone.

Ma a me piace il giallo, soprattutto perché il mio divano è giallo”.

Chi parla così è un mio ex alunno che adesso vive in una casa famiglia.

Tutti i giorni mi aspetta seduto ad una panchina, in piazza, e desidera far ad alta voce le sue riflessioni.

“Professore, lo sapete perchè il divano è giallo?”

“No”, gli rispondo, e lui “il divano giallo ci aiuta a capire l’eternità, l’infinito”.

Io lo guardo sempre più interessato e lui riprende: “Io sono convinto che quando noi lasceremo questo mondo, il nostro angelo custode ci accoglierà nella sala d’attesa del Paradiso e ci farà sedere sul divano giallo, uno alla volta.

Lui si siederà acconto e ci proietterà il film della nostra vita.

Bloccherà l’immagine ad ogni errore, ce lo farà notare, e fino a quando non l’avremo capito non riprenderà la proiezione.

E noi sul divano a ridere dei nostri errori terreni!”

Lo guardo sempre più interessato e stupito.

“L’eternità è l’eternità!

Non ci sarà mai fine!

Chissà quante volte vedremo la nostra vita sul divano giallo!

Prima di incontrare Dio avremo visto la nostra vita tantissime volte.

Solo dopo aver visto la nostra vita, averla corretta con nostro angelo custode potremo entrare nel Paradiso.

E sapete come è la porta del Paradiso?

È gialla, perché non siamo ancora degni di vedere il “Bianco” di Dio”.

Il mio ex alunno nota nel mio sguardo la sua grande fede e riprende: “Ecco perché noi siamo i prediletti di Dio!

Noi siamo capaci di spiegare a voi “normali” la bellezza di Dio, che voi vedrete solo dopo la vostra morte.

Noi siamo capaci di anticipare quello che noi tutti vedremo dopo la nostra morte”.

Son convinto che anche a voi è venuta in mente la poesia di Giacomo Leopardi

Sempre caro mi fu quest’ermo colle,

e questa siepe, che da tanta parte

dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.

Ma sedendo e mirando, interminati

spazi di là da quella, e sovrumani

silenzi, e profondissima quïete

io nel pensier mi fingo, ove per poco

il cor non si spaura. E come il vento

odo stormir tra queste piante, io quello

infinito silenzio a questa voce

vo comparando: e mi sovvien l’eterno,

e le morte stagioni, e la presente

e viva, e il suon di lei. Così tra questa

immensità s’annega il pensier mio:

e il naufragar m’è dolce in questo mare.

Nicola Incampo

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