lunedì, 29 Aprile 2024

Approvati i progetti di videosorveglianza di 11 Comuni del Materano

Sono stati approvati nel corso della riunione del Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica, tenutasi lo scorso 24 aprile e presieduta dal Prefetto di Matera, dott.ssa Cristina Favilli, undici progetti di videosorveglianza presentati dai Comuni di...



La notte della rabbia è una notte di intuizioni, di attese, di speranze o di disperazione, a seconda di chi la sta vivendo. Uomini e donne tra bene e male, tra diversi modi di concepire la vita, gli ideali, i valori. Ci sono le loro storie e la Storia che irrompe, smuove i destini, lascia tracce indelebili.
“La notte della rabbia” (Einaudi Stile Libero Big), il nuovo libro del colonnello dell’Arma Roberto Riccardi, ha una trama che nella sua complessità non può prestarsi a sintesi o riduzioni: ha in sé vissuti di uomini agli antipodi, la descrizione di differenti visioni del mondo in un disvelamento progressivo dei personaggi. In primis i carabinieri che, dalle parole di Riccardi, sono soprattutto padri, mariti, figli con il loro carico di affetti, problemi e debolezze.
Siamo negli anni Settanta e la frenesia, la corsa contro il tempo dei militari del reparto anti eversione per salvare vite umane si intreccia con i terroristi delle Squadre d’Azione Proletaria che hanno sequestrato il professor Marcelli di probabile nomina a Ministro dell’Interno.
A comandare il reparto è il colonnello Leone Ascoli, un uomo dai nervi saldi che nasconde bene il dolore per la perdita prematura della moglie e quello – che non avrà mai fine – per un’adolescenza trascorsa ad Auschwitz. Sono “immagini remote” che non lo abbandonano, flashback di crudeltà inaudita, un conto ancora aperto che il destino potrebbe permettergli di saldare riportandolo –  per un intricato meccanismo in cui fanno la loro parte anche i servizi segreti – di fronte al tenente Helmut Brandauer, soggetto del tutto privo di umanità. L’ex SS è diventato un agente doppio, in bilico fra le due anime di una Germania divisa dalla conferenza di Yalta. Bepi, un ex partigiano, mette il colonnello Ascoli sulle tracce del suo aguzzino.
Contemporaneamente le SAP lanciano un ultimatum: o lo Stato libera il loro capo, o Marcelli verrà giustiziato. Per Ascoli sono ore drammatiche. In un susseguirsi spasmodico di passato e presente, il colonnello Ascoli vivrà ore drammatiche.
“(…) I carabinieri possiedono regole, barriere forgiate col metallo della disciplina che li aiutano a compiere il loro dovere senza sbandare. Non bastano a imbrigliare i sentimenti, attraverso quegli steccati l’umanità passa tutta intera”.
“La notte della rabbia” è forse il libro più bello, più “sentito” del colonnello Riccardi: è un noir che si fa apprezzare sia per la trama dal ritmo serrato sia per la ricchezza di contenuti, con continui rimandi storici. Inoltre, viene fuori tutta la profonda sensibilità degli uomini dell’Arma che, insieme al rigore e allo spirito di abnegazione sul lavoro non rinunciano alle attenzioni amorevoli da padri e mariti.
 Come è nata la trama del suo ultimo libro, “La notte della rabbia”?
“Le idee per un romanzo si formano a poco a poco, è difficile rintracciare il momento della scintilla o il percorso creativo. Ma di certo questo è un libro nel quale ho chiuso molti cerchi. La trama si occupa di indagini e di carabinieri, cioè della mia vita, e si occupa di Shoah, un argomento che, da qualche anno a questa parte, mi è particolarmente caro”. 
Perché ha scelto di ambientare “La notte della rabbia” durante gli Anni di Piombo?
“In quegli anni ero un bambino, ma nella mia piccola mente cominciavano già ad affiorare le prime domande, i primi articolati pensieri. I terroristi che hanno insanguinato l’Italia in quella terribile stagione non erano molto più grandi di me, in media mi superavano di una decina d’anni. Ho nella memoria alcune immagini. Ricordo ancora, per esempio, quelle del corpo di Aldo Moro quando fu ritrovato all’interno di una Renault. Mi è rimasto da allora un forte interesse verso il periodo, volevo capire cosa muovesse tanti ragazzi, venuti al mondo un decennio prima della mia nascita, a imbracciare le armi all’ombra di opposti estremismi”.
Sono descritti anche episodi accaduti ad Auschwitz. Lei ha all’attivo pubblicazioni specifiche sulla Shoah – ha scritto per Giuntina la biografia del sopravvissuto ad Auschwitz Alberto Sed Sono stato un numero (2009, premio Acqui Storia), il romanzo storico La foto sulla spiaggia (2012) e, insieme a Giulia Spizzichino, la sua biografia La farfalla impazzita. Da dove nasce la sua attenzione nei confronti di una delle pagine più crudeli della storia?
“È stato determinante, nella mia vita, l’incontro con Alberto Sed, un ebreo romano con il quale ho instaurato nel tempo un rapporto fortissimo. Un conto è leggere di Auschwitz su un libro o sentirne in un documentario, un conto è avere di fronte un uomo come te, che ha sul braccio un numero tatuato e nel cuore cicatrici indelebili. Conoscere Alberto mi ha cambiato per sempre, portandomi a interrogarmi sulla storia recente e, attraverso essa, sugli abissi dell’anima. Tutte le mie domande sono ancora lì, probabilmente non avranno risposte. Ma continuo a cercarle, anche attraverso i miei libri”.   Risalta l’Arma dei Carabinieri che, dall’appuntato al generale – eccetto qualche bastian contrario -, sembra davvero una grande famiglia. Dobbiamo interpretarlo come un ennesimo omaggio, da parte sua, alla Benemerita?
“La Benemerita è il mondo in cui abito ormai da decenni. Non potrei non amarla profondamente, visceralmente. La mia scelta professionale, peraltro, non è stata frutto del caso: ho deciso di diventare ufficiale dei Carabinieri in giovanissima età, a quindici anni ero già alla scuola militare “Nunziatella” di Napoli, a fare attenti e riposo. Dunque nel romanzo ci sono personaggi d’invenzione che assomigliano pericolosamente a brigadieri, appuntati e marescialli che ho incontrato nel mio cammino, verso i quali ho una stima e un affetto infiniti e immutabili. Ma credo che in tutti i Carabinieri creati per questo romanzo ci siano luci e ombre sufficienti per disegnare un chiaroscuro interessante”.      
Il suo è un libro pieno di personaggi e tutti, anche quelli marginali, rimangono impressi al lettore. Lei rende ognuno di loro particolare. Qual è quello che le è più caro?
“Due di loro mi stanno particolarmente simpatici, il giudice Tramontano e l’appuntato Berardi. Ma mi rimangio subito quanto ho detto: i personaggi, per un autore, sono come i figli. Vogliamo bene a tutti nella stessa misura, non ce n’è uno più caro di un altro. O, se c’è, stiamo bene attenti a custodire il segreto per sempre, nel fondo del cuore”.
Ha lasciato un finale aperto per il colonnello Ascoli – soprattutto a livello sentimentale. Ci sarà un sequel?
“La scrittrice Lucia Rivelli, già. Anche lei è un discreto enigma: il suo passato, il suo modo di vedere… Detto ciò, la risposta a questa domanda ha troppe variabili. Per esempio dovrei restare in vita, e in salute, anche mentale. Dovrei trovare il tempo, il modo, la voglia di scriverne ancora. Ma soprattutto La notte della rabbia dovrebbe andare abbastanza bene da giustificare, per l’editore e per me, un nuovo episodio. In estrema sintesi: chi vivrà vedrà”.
Roberto Riccardi ha esordito nel noir con Legame di sangue (Giallo Mondadori, 2009), cui hanno fatto seguito I condannati (Mondadori, 2012), Undercover (e/o, 2012), Venga pure la fine (e/o, 2013) e La firma del puparo (e/o, 2015). Ha scritto nel 2016  Il prezzo della fedeltà. Storia di Giuseppe Giangrande (Mondadori).

Rossella Montemurro





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