sabato, 4 Maggio 2024

“Il dolore non è una ferita ma una reazione allergica che torna quando vuole a riprendersi il suo spazio. Ci si convive, a volte gli si tende la mano e gli si dà da mangiare quando i pensieri sono troppo ingombranti. Non soltanto non si vince ma nemmeno ci si combatte perché non si può gareggiare né tantomeno vincere.”

Quella di Giulia Molino, 23enne protagonista e finalista di Amici 2019, è una voce straordinaria. Dietro quella voce, però, c’è un vissuto complicato, c’è l’ombra dell’anoressia. A raccontarlo è la stessa Giulia in Imparerai a conviverci. Il coraggio e la speranza. Oltre la malattia (Mondadori Electa), un resoconto, a volte spietato, del suo rapporto con il cibo. Un’ossessione che non le dà tregua e viene ripercorsa a cuore aperto tra ricordi, istantanee, momenti, pensieri ed emozioni palpabili, con la sincerità e la forza che solo le storie autentiche sanno donare. Lei oggi può affermare: “Grazie a quei mostri perché, trascinandomi verso il fondo, mi hanno permesso di scoprire la bellezza della superficie, insegnandomi oggi, seppur ancora in balia delle onde, a restare a galla”.

Quei mostri hanno provato a invadere la sua adolescenza, sono stati a un passo dall’annientarla spazzando via sogni e desideri. Giulia, davanti allo specchio e all’immagine del suo corpo che inevitabilmente le arriva distorta, insegue il miraggio dei 43 chili. Il rischio, il pericolo, le conseguenze non contano. Contano le calorie, dover tenere a bada la fame, controllare il peso sperando che la bilancia restituisca giorno dopo giorno numeri sempre più bassi, che la rassicurano e la riempiono d’orgoglio. Per iniziare a risollevarsi, però, bisogna toccare il fondo. Perdersi in una coazione a ripetere, una spirale che piano piano la annienta.

“Spezzo le frasi come pane. Ogni corpo persevera nel suo stato di quiete: se sto ferma, mi dico, se rimango immobile, non mi può succedere niente. A volte lo penso così fortemente che mi sforzo di non sbattere le palpebre fino a quando l’aria inizia a seccarmi gli occhi. Lo stato di quiete o di moto uniforme sono io, quando vado a scuola, nei giorni sempre uguali dell’adolescenza. Per qualcuno è una tortura, per me una carezza sulla testa. Sono il moto uniforme che non deve cambiare. Anche se ho fame, una fame vigliacca che si sta arrampicando sulle pareti dello stomaco e quasi fa rumore. Ho appena mangiato, ma dentro sono così vuota che i movimenti delle cellule fanno eco, li sento.”

Con incredibile maturità, Giulia accompagna il lettore nei suoi giorni più bui, fino al capitolo, l’ultimo, in cui scrive una lettera a sé stessa: “Le voci che tu senti, però, non sono storie di fantasia. Sono tutte vere, anche se abitano nella testa. Devi saperlo perché ti diranno che non è così, questo non è cambiato, piccola Giulia. Quei demoni sono ancora stretti alle mie caviglie e continuerai a trascinarli con te a ogni passo”.

Rossella Montemurro

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