mercoledì, 8 Maggio 2024

Un giorno scrissi alla lavagna: “L’unione fa la forza”.

Ed invitai i ragazzi a riflettere.

E poi aggiunsi: “L’unione fa la forza, ma occorre sempre aggiungere che nasca umile e che diventi comunione”.

Adesso vi leggerò una favola di Ivan Andreevič Krylov.

Ivan Andreevic Krylov nacque a Mosca nel 1768 (morì a Pietroburgo nel 1844). Modesto impiegato della burocrazia imperiale, pubblicò violente satire sociali su «Lo Spettatore» e su «Il Mercurio di San Pietroburgo», da lui diretti.

Quando i giornali furono soppressi, Krylov scomparve dalla scena letteraria. Dopo l’avvento al trono di Aleksander I, uscì nel 1809 un suo volume di 23 favole, che ottenne un successo senza precedenti.

Dal 1810 al 1820 seguirono altre otto raccolte analoghe.

Ispirandosi a Esopo e a La Fontaine, Krylov esprime la sua tipica filosofia piccolo-borghese, imperniata sul buonsenso e con un certo filisteismo morale. Le sue favole di animali, in cui il folklore pre-cristiano si fonde con la saggezza spicciola del contadino russo, mettono in berlina con umorismo immediato e senza ambizioni intellettuali, tutti i vizi umani, ma soprattutto l’ignoranza, la presunzione, la stupidità, con ampi riferimenti alla realtà contemporanea. L’impianto formale è severamente arcaico, settecentesco.

Krylov è un conservatore classicista.

Ma usando per le sue favole la lingua viva del popolo russo, diede dignità d’arte per la prima volta a forme idiomatiche entrate poi a far parte del patrimonio letterario russo.

La favola è la seguente

Il granchio, il luccio e il cigno

Un granchio, un luccio e un cigno un bel mattino

si misero a tirare un carrettino;

unirono gli sforzi tutti quanti

ma il carretto non fece un passo avanti.

Leggero il peso a tutti insieme appare.

Ma il cigno sulle nubi vuol volare;

il granchio va a ritroso e, si comprende,

il luccio per natura all’acqua attende.

Chi ha torto e chi ha ragione? Chi lo sa?

Il carro intanto resta sempre là.

Quando non van tra loro

i compagni d’accordo nel lavoro

non s’ottiene un bel niente:

è vana ogni fatica, inconcludente.

Come potete notare non sempre coincidono verità e ragione.

A volte capita che la ragione mortifichi e riduca al silenzio la verità fino al punto di avvilire l’uomo con la sua libertà e dignità.

Questo è quanto ci suggerisce la favola.

Se voi riflettete il granchio, il cigno e il luccio pensano ed agiscono da soli, sono disattenti alla verità.

Il loro sforzo sarà del tutto inutile.

È necessario imparare.

L’uomo è grande solo se si piega in ginocchio davanti alla verità.

Nicola Incampo

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