venerdì, 26 Aprile 2024

L’altro giorno ho avuto un incontro con una mia ex alunna. Era impaurita e terrorizzata, perché mamma di figli piccoli e figlia di genitori anziani.

“Professore, la Chiesa in questo periodo particolare dà l’idea di predicare realtà staccate dalla vita: come se da una parte c’è la Bibbia, la teologia, le prediche che si sentono in chiesa e per televisione; dall’altra parte c’è la vita quotidiana che è tutt’altra cosa. Professore, credetemi, ho l’impressione di assistere ad una fede staccata dalla vita.”

Di getto mi è venuto di dire: “Dobbiamo ripartire da Dio”.

La riflessione della signora mi ha fatto però ricordare quello che diceva il teologo protestante Karl Barth a chi gli chiedeva come facesse a preparare sermoni così attuali ed interessanti.

Il teologo rispondeva: “Con una mano prendo il giornale, con l’altra la Bibbia. Poi leggo il giornale alla luce della Parola di Dio”.

Io penso che il problema sia proprio questo: come annunziare il Vangelo ad un mondo distratto ed impaurito come il nostro?

Ho invitato la signora a leggere la lettera pastorale del cardinale Carlo Maria Martini “Ripartiamo da Dio” scritta l’8 settembre 1995.

È bellissimo constatare come il Cardinale rimarchi con forza la ragione finale della vita: incontrare Dio, conoscerlo, amarlo, obbedirgli e fare in modo che entri nella nostra vita.

Nella seconda parte della sua Lettera pastorale, il cardinale Martini dice che dobbiamo ripartire da Dio non solo nella nostra vita personale, ma nella famiglia, nella parrocchia, nella scuola, nel gruppo, nell’associazione di cui facciamo parte; egli infatti parla di una “comunità alternativa” quale è la Chiesa nel mondo.

Che cosa vuol dire questo?

Vuol dire che la nostra “famiglia” deve risultare agli occhi di tutti diversa da un’altra “famiglia” che non si ispira al Vangelo: con quella bontà, accoglienza, generosità, comprensione, perdono, solidarietà, cordialità, gioia di vivere che sono il segno del Vangelo vissuto.

Aggiunge il Cardinale, che tutto questo va vissuto non come si trattasse“una setta che si distacca orgogliosamente dal tessuto sociale comune, né come un’alleanza di alcuni per emergere e contare”.

Questa comunità alternativa ispirata al Vangelo è “un ideale di fraternità in divenire, destinato a mostrare a una società divisa che possono esistere legame gratuiti e sinceri, che non ci sono solo rapporti di convivenza o di interesse, che il primato di Dio significa anche l’emergere di ciò che di meglio c’è nel cuore dell’uomo”

Ecco cosa significa “ripartire da Dio”.

Il Cardinale aggiunge: “Non dobbiamo illuderci che ciò sia facile … E’ normale per noi non essere perfetti. Non dobbiamo piangere sulle nostre imperfezioni perché non veniamo giudicati per questo. Il nostro Dio sa che, da molti punti di vista, siamo zoppi e a metà ciechi. Non vinceremo mai la corsa alla perfezione nei giochi olimpici dell’umanità! Ma possiamo camminare insieme con speranza e rallegrarci di essere amati nelle nostre spaccature. Possiamo aiutarci gli uni gli altri a crescere nella fiducia, la compassione e l’umiltà, a vivere nell’azione di grazia, imparare a perdonare e a chiedere perdono, ad aprirci di più agli altri, ad accoglierli e a fare ogni sforzo per portare la pace e la speranza nel mondo. È per questo che ci radichiamo in una comunità: non perché è perfetta, meravigliosa, ma perché crediamo che Gesù ci raduna per una missione.

Questa è la verità: siamo tutti missionari.

Nicola Incampo

Responsabile della CEB per l’IRC e per la pastorale scolastica

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