mercoledì, 15 Maggio 2024

L’altro giorno ai fratelli carcerati che vengono al catechismo in carcere, ho proposto di riflettere sul “Rapporto che c’è tra il verbo Perdonare e il verbo Dimenticare”.

Notai che quasi tutti abbassarono gli occhi, come se volessero dirmi che i due verbi sono vicinissimi e contemporaneamente lontanissimi.

E iniziai così.

Oggi vi voglio parlare di un personaggio del romanzo “I Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni, e cioè di Fra Cristoforo.

Fra Cristoforo è padre confessore di Lucia e impegnato ad aiutare i due promessi contro i soprusi di don Rodrigo. 

Il Manzoni lo descrive come un uomo di circa sessant’anni, con una lunga barba bianca e un aspetto che reca i segni dell’astinenza e delle privazioni monastiche, anche se conserva qualcosa della passata dignità e fierezza.

È interessante conoscere il passato di questo frate.

Il Romanzo ci parla del Cappuccino al Capitolo IV dove viene raccontata la vita precedente di Cristoforo e le circostanze che lo indussero a farsi frate.

Si chiamava Lodovico ed era figlio di un ricco mercante ritiratosi dagli affari, che viveva come un nobile e aveva allevato il figlio con modi signorili.

Il giovane Lodovico, non accettato dagli aristocratici della sua città, era in cattivi rapporti con loro e a poco a poco era divenuto un difensore di deboli e oppressi, circondandosi di sgherri e bravacci coi quali compiva talvolta azioni inclini alla violenza.

In seguito a un duello nato per futili motivi cavallereschi con un nobile noto per la sua prepotenza, Lodovico aveva ucciso il suo avversario ed era rimasto ferito egli stesso.

Fu portato dalla folla in un convento di frati cappuccini per salvarlo dalla giustizia e dalla vendetta dei parenti del morto.

Lodovico aveva maturato la decisione di farsi frate e aveva poi chiesto perdono al fratello dell’ucciso, scegliendo come nome quello di Cristoforo.

Cristoforo significa, infatti, “portatore di Cristo”.

Fra Cristoforo parte per il noviziato e per strada mangia il pane che gli era stato donato, conservandone un pezzo.

Tutto questo spiega il fatto che fra Cristoforo conservi qualcosa dell’antico orgoglio nobiliare, nonché la sua abitudine a trattare coi potenti e l’indubbio prestigio che gode fra la gente.

Il rimorso che prova ancora per l’omicidio commesso lo induce a respingere ogni ipotesi di violenza e a rimproverare aspramente Renzo, ogni qual volta il giovane manifesta propositi vendicativi nei confronti di don Rodrigo.

È dunque con la carità e la fiducia nella Provvidenza che padre Cristoforo tenta di aiutare i due promessi: affronta don Rodrigo e tenta dapprima di farlo recedere dai suoi piani con parole diplomatiche, quindi lo attacca con empito oratorio accusandolo delle sue malefatte.

In seguito, dopo la “notte degli imbrogli” e il fallito tentativo da parte di Rodrigo di rapire Lucia, consiglia ai due promessi di lasciare il paese e indirizza Renzo a Milano.

Nel frattempo don Rodrigo ottiene, grazie all’intervento del Conte zio, che fra Cristoforo sia trasferito a Rimini, dove il frate si recherà in ossequio al voto di obbedienza, e da qui si porterà a Milano dopo lo scoppio della peste, per accudire gli ammalati nel lazzaretto.

Ed è proprio in questo luogo di sofferenza ritroverà Renzo che è in cerca di Lucia e alla fine scioglierà il voto di castità che Lucia aveva pronunciato la notte in cui era prigioniera al castello dell’innominato.

La notizia della sua morte a causa della peste verrà data a Lucia dagli altri cappuccini del lazzaretto.

Per ricordare l’importanza e il valore del perdono, il frate donerà l’ultimo pezzo di quel pane, prima di morire, a Renzo e Lucia, che si sono ritrovati in un Lazzaretto, alla fine delle loro traversie, dopo il perdono del loro persecutore Don Rodrigo.

Chi commette gli sbagli è tenuto in coscienza a riconoscerli come propri e, nella misura in cui è stato leso qualcuno, a renderne conto. 

Nicola Incampo

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