mercoledì, 8 Maggio 2024

“Medito e prego. Inizio a praticare piuttosto spericolatamente la divinazione cinese con il lancio delle monete. Gli oracoli mi rispondono con impeccabile precisione, mi si rizzano i peli sul braccio; giungo alla conclusione che ci sia qualcun altro nella stanza, mi sorprende quanto somiglio a mio padre, che ha passato anni in sandali francescani a mormorare litanie, digiunare e parlare con lo spirito di Padre Pio: le sue pratiche, che mi sono sempre parse ombrose, adesso mi appaiono ovvie e lineari.”

Pulsatilla, alias Valeria di Napoli, riesce a essere caustica e dolce nel giro di poche pagine. Fa riflettere e fa divertire, è tranquilla o agitata. C’è una sola certezza: Pulsatilla è indefinibile, non si lascia imbrigliare in schemi perché si muove border line tra più confini, sia nella vita sia stilisticamente parlando. Lo fa, in modo strabiliante, nel suo nuovo libro, Il campo è aperto (Baldini+Castoldi), un titolo che evoca tutte le possibilità che si intravedono quando si riesce a lasciarsi andare.

Tra amori tossici, la malattia mentale del padre che la inchioda a grandi responsabilità, i problemi di anoressia e bulimia, una figlia arrivata forse per caso e incredibili colpi di testa, la sua è una scrittura che cattura, e non lascia scampo. A metà tra autofiction e memoir, Il campo è aperto è un flusso di coscienza straordinario. Non c’è una continuità cronologica, gli eventi narrati travolgono il lettore con un impatto emotivo davvero molto forte. L’Autrice, come già accaduto nei suoi libri precedenti, non teme di parlare di sé, di osare, di risultare “scomoda” eppure terribilmente sincera.

A una prima parte vorticosa, nella quale alla Valeria bambina si alterna la Valeria adulta, il successo delle sue opere e la fragilità della sua psiche, i tanti uomini sbagliati ma impossibili da lasciare e lo sguardo della piccola Lucilla fa da contraltare una seconda parte molto più strutturata sul bisogno di aiuto proprio per la sua fragilità, per la paura di aver “ereditato” le “voci” che sente il padre.

“(…) Ho provato diverse terapie: attaccamentista, lacaniana, junghiana, freudiana, il comportamentismo, il counseling, il coaching, il theta healing. L’escitalopram, l’olanzapina, il litio, lo zolpidem. L’omeopatia, i fiori di Bach, la floriterapia australiana, la medicina antroposofica, la cristalloterapia. Le cerimonie sciamaniche. (…)”

A un padre “perso”, assente pur essendo sempre presente, si affianca una madre fredda che però ha intuito, in Valeria, la vocazione alla scrittura e il bisogno di trasformare la vita in parole, per tentare una presa, una difesa dall’assalto delle cose, il conforto di un contenitore in cui elaborare le emozioni.

La “salvezza” apparente Valeria la cercherà anche in una strana comunità, in una narrazione un po’ folle, stemperata da molta ironia.

Pulsatilla (Valeria di Napoli) scrive anche per giornali, cinema, fumetti. Comincia a scrivere nella sua città d’origine, Foggia, negli anni del liceo e nel 2001 è finalista al Premio Campiello giovani. Si trasferisce a Milano, dove ha svolto la professione di copywriter, e poi a Roma. La ballata delle prugne secche è il suo primo romanzo, una storia ispirata dal suo blog che narra il suo rapporto con il mondo. Ha collaborato alla sceneggiatura del film Maschi contro femmine e del sequel Femmine contro maschi, con il regista Fausto Brizzi, Marco Martani e Massimiliano Bruno.

Rossella Montemurro

Pubblicità

Pubblicità
Copy link
Powered by Social Snap