lunedì, 29 Aprile 2024

Questo è un romanzo che parla di corpi e di psiche: il corpo di Remo – trasformato, allargatosi a dismisura, diventato troppo pesante (oltre un quintale) nel giro di pochi mesi – e quello di Margherita – la “piccoletta”, esile, minuta, leggera come una piuma: non arriva a pesare 45 chili -; le loro psicologie che annaspano in un momento buio, quando la vita si spegne e quel blackout sembra irreversibile.

Breve storia amorosa dei vasi comunicanti (Einaudi) di Davide Mosca è stato definito dallo psichiatra e psicoterapeuta Raffaele Morelli “un capolavoro”.

Remo è l’alter ego di Davide: in prima persona racconta il suo precipitare in quello che definisce l’annus horribilis: doveva essere un anno sabbatico, è diventato un anno infernale nel quale, lasciato dalla fidanzata colma quel suo vuoto di senso con il cibo: “Il cibo era la mia condanna e la mia assoluzione. E non era mai abbastanza, se non era troppo. Cercavo il fondo da cui rimbalzare. Ma non lo trovavo”.

La pasta non è mai abbastanza, in modo compulsivo Remo placa mangiando le preoccupazioni per una vita in stallo. Supera i cento chili, è convinto che non può fare più niente, si adagia in quella situazione paradossale nella quale continua a incassare solo umiliazioni: come quando la mamma lo accompagna in un negozio per acquistare abiti nuovi, sperando di scuoterlo, e invece escono entrambi mortificati perché non c’è nessuna taglia che gli vada bene o quando accetta il lavoro di un’agenzia interinale e si scopre del tutto inadeguato, mollando il primo giorno.

Remo si porta addosso quel peso, consapevole di aver raggiunto un punto di non ritorno fin quando incontra Margherita. Lei è uno scricciolo, è magrissima (“Oltre alla levità, della farfalla possedeva anche l’inconsistenza. Certe volte sembrava solo una membrana tesa tra le ossa”).  È intelligenza viva e fervida in un corpo che, per motivi opposti a quelli di Remo, va per conto suo. Margherita non ha più le mestruazioni, lei il cibo lo evita. Caratterialmente sono distanti anni luce, eppure si cercano, si frequentano, stanno insieme ma, attenzione, sulle prime non c’è proprio niente di fisico. E così come Remo era sconfinato nella bulimia e nell’impotenza di ribellarsi alle sue compulsioni, improvvisamente reagisce: una sera, infagottato ancora in una t-shirt XXXL – quando potrebbe tentare di indossarne una con una in meno – e con una felpa per non farsi riconoscere, inizia a correre. Ha il fiatone, crede di non farcela ma resiste altri dieci metri e poi altri ancora… In tutto percorre 500 metri ed è come se avesse corso una maratona: ma è l’inizio, è la speranza ritrovata: “La quotidianità è una prigione quando un uomo è chiuso in una stanza con la porta sbarrata e non gli viene in mente che bisogna tirare invece di spingere. Imparare la forza rivoluzionaria di questo piccolo gesto mi condusse un passo fuori dall’annus horribilis”. 

C’è tanto di autobiografico – c’è anche tanta psicanalisi e, qua e là, la saggezza degli antichi – in Breve storia amorosa dei vasi comunicanti eppure l’autore non indugia sul facile pietismo ma si limita a descrivere: è così che il lettore viene travolto dalle parole che riflettono (loro sì, spesso sono spietate) sensazioni, emozioni, ansie, sofferenze di un 24enne ligure: “Io ballavo il sabba con i miei demoni ogni giorno. E ogni giorno era buio. Ero inquisitore e strega. Bruciavo il demone e il demone ero io”.

Saranno la vicinanza tra Remo e Margherita, quel loro chiacchierare, quel loro riconoscersi in un dolore opposto eppure simile ad aiutarli: quando la notte di Capodanno salgono sulla bilancia per la prima volta, si accorgeranno di pesare lui settanta, lei cinquanta chili.

Una storia esemplare e delicata, che rimane dentro.

Davide Mosca (Savona, 1979) vive e lavora a Milano, dove dirige la libreria Verso.

Rossella Montemurro
 
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