venerdì, 3 Maggio 2024

“Siamo mortali per ricordarci di nascere ogni giorno di più, invece di perdere tutto il tempo a provare a non morire.”

Alessandro D’Avenia è diretto e con dolcezza riesce, come sempre a scuotere. In Resisti, cuore. L’Odissea di essere mortali (Mondadori) regala un’altra delle sue indimenticabili “lezioni” dove però le gesta di Ulisse sono solo il pretesto per parlare di alcune esperienze e di alcuni momenti significativi della propria vita che costituiscono una traccia, una mappa ideale per accompagnare i lettori in un viaggio emozionante.

L’Autore ripercorre i ventiquattro canti del poema come un’arte di vivere, e lo fa risplendere di tutta la sua luce: “Nel raccontarci le peripezie di Ulisse – si legge nella prefazione – ritrova la propria esperienza personale e il percorso di ogni uomo verso il proprio originale compimento esistenziale”.

Non è un viaggio semplice, né indolore. È pieno di ostacoli, blocchi, indecisioni, ripensamenti. Che sia difficile e tortuoso ce ne accorgiamo fin dal titolo, poliesemico: odissea, come il poema epico forse più noto e amato della nostra civiltà ma anche come il termine a cui si ricorre per definire un’esperienza travagliata e, in taluni casi, la vita tout court.

“Se abbiamo perso la gioia della nostra odissea, rileggere l’Odissea è il modo migliore per “fare ritorno”. Allora resistere non è rimanere fermi, ma ri-esistere: nascere. Questa è l’arte di essere mortali”.

D’Avenia, studioso di Lettere classiche, intellettuale abilissimo nell’interpretare lo spirito del tempo, da anni promuove la lettura integrale ad alta voce dell’Odissea. E, parallelamente si mette a nudo, si racconta. Racconta delle sue lezioni, di un rapporto più unico che raro con i suoi studenti dove sono l’ascolto e un approccio empatico a creare un legame forte e non il nozionismo: “Una scuola che chiede la giustificazione solo per quando sei stato assente, e non ogni giorno, per la tua presenza, è una scuola che non potrà mai alimentare il respiro e il desiderio, non sarà mai bottega di destini ma catena di montaggio di sottomessi”.

Racconta aneddoti della propria vita, dalla depressione del padre quando lui è in piena adolescenza (“la depressione è come i buchi neri: ha una forza di gravità tale che inghiotte anche la luce e non la restituisce più; e non si sa che cosa ci sia dall’altra parte”), alla scelta di insegnare che ha avuto la meglio su quella di diventare dentista, agli amori finiti e alle passioni profonde.

Ulisse, che all’immortalità e alla splendida Calipso sceglie di tornare a Itaca da Penelope e Telemaco, e compiere il proprio destino mortale, paradossale destino di gioia, proprio perdendo tutto, persino la propria identità, da re a mendicante, rinasce grazie a chi lo sa riconoscere e amare. La sua è una vicenda di resistenza, che culmina nei dieci anni necessari per tornare a casa, dopo i dieci trascorsi a combattere una guerra non sua: a quanti è accaduto qualcosa di simile? E quanto abbiamo sofferto, quanti compagni abbiamo perduto, quante volte abbiamo fatto naufragio, prima di capire che l’unica cura per l’invincibile nostalgia di futuro che ci affliggeva era tornare nella nostra Itaca, non quella del passato ma quella ancora da fare rimanendo fedeli al nostro destino?

Bellissime le parole di D’Avenia: “Chi si ricorda di essere nato o vive nella paura di morire o decide di nascere ancora di più. Siamo venuti alla luce una prima volta per venire alla luce del tutto. Essere mortali è dover nascere, non solo dover morire. Questo è il compito dell’eroe, cioè di ogni uomo e di ogni donna. Resistere e ri-esistere”.

Alessandro D’Avenia (1977), dottore di ricerca in Lettere classiche, insegna Lettere al liceo ed è sceneggiatore. Dal suo romanzo d’esordio, Bianca come il latte, rossa come il sangue (Mondadori, 2010) è stato tratto nel 2013 l’omonimo film. Sempre per Mondadori ha pubblicato Cose che nessuno sa (2011), Ciò che inferno non è (2014, premio speciale del presidente nell’ambito del premio Mondello 2015), L’arte di essere fragili. Come Leopardi può salvarti la vita (2016), Ogni storia è una storia d’amore (2017) e L’appello (2020). Dalle ultime tre opere l’autore ha tratto dei racconti teatrali che hanno girato l’Italia con enorme successo, diretti da Gabriele Vacis e con scenofonie di Roberto Tarasco. Ogni lunedì dalle pagine del “Corriere della Sera” dialoga con i lettori nella rubrica “Ultimo banco”. I suoi libri sono tradotti in tutto il mondo.

Rossella Montemurro

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