lunedì, 20 Maggio 2024

Prima un fidanzato, poi un marito e infine i figli: sembrerebbe che una donna sia ancora costretta ad attraversare queste “tappe” obbligate per non finire sulla bocca di tutti. Perché, se si superano i 40 e si è single e, anche, senza figli, c’è sicuramente qualcosa che non va.
È su questo assunto che si basa Volevo essere una vedova(Einaudi, Stile Libero Big) di Chiara Moscardelli, uno spaccato ironico sulle contraddizioni della nostra società con una protagonista irresistibile.
Chiara, un po’ maldestra, in cura da uno psicologo per cercare di uscire da un bozzolo di insicurezze, circondata da un gruppo quanto mai eterogeneo di amici e amiche è alla ricerca, affannosa, del suo principe azzurro ma riesce, sempre, a collezionare delusioni o a infilarsi in relazioni sbagliate e senza futuro. Chiara non ha la sindrome da crocerossina ma, comunque, si accontenta delle briciole: per esempio, è disposta a stare accanto a un uomo, separato, che non fa altro che ripeterle che, tanto, lei non è mica la sua fidanzata. Non bastano i consigli dello psicologo né quelli degli amici, Chiara, come del resto abbiamo fatto e continuiamo a fare tutte noi, deve proprio toccare il fondo prima che qualcosa si smuova dentro di sé.
Con un’antipatia marcata verso i bambini e la tendenza a cacciarsi sempre nei guai, all’improvviso tenta di dare una svolta alla sua vita: cambia lavoro, si iscrive in palestra e, addirittura, entra in un sexy shop facendo incetta di sex toys. Eppure, dal capire che non è lei a essere sbagliata quanto chi le sta accanto, ce ne vorrà ancora…
Chiara Moscardelli, in Volevo essere una vedova si lascia andare e osa: lo stile è più brillante e le situazioni descritte sfiorano le scene hot. Certo, Chiara non è Anastasia Steele di Cinquanta sfumature ma diventa un modello in cui rispecchiarsi perché è così autentica e spontanea da suscitare immediata empatia. Gatta morta mancata, riesce a imbattersi solo in gente che continua a interrogarla sul perché sia sola e, di fronte all’ennesima intrusione nella suo privato, pur di non dover sopportare lo sguardo di commiserazione e quasi di rimprovero dell’ortopedico che la sta visitando, risponde di essere vedova. Se è vedova vuol dire che qualcuno accanto l’ha avuto anche se poi, purtroppo, è morto. E la reazione dell’interlocutore, di fronte a una vedova, è piena di composto rispetto…
È tangibile la virata della Moscardelli verso una storia molto ritmata, che fa sorridere grazie a battute a effetto che nascondono gran parte degli stereotipi sulle donne.
“Ho imparato a guardarmi allo specchio e a dirmi che sono bella.
Non importa se grassa o magra, se giovane o vecchia, se con le rughe o con la pancia.
Amo le mie imperfezioni. Imparate pure voi ad amarle, diventeranno la vostra forze e vedrete che anche gli altri le ameranno”.
La Moscardelli è un’autrice di commedia quasi di culto. Ha pubblicato per Einaudi Stile Libero Volevo essere una gatta morta (2011), La vita non è un film (ma a volte ci somiglia) (2013). Tra gli altri suoi libri, tutti usciti da Giunti, Quando meno te lo aspetti (2015), Volevo solo andare a letto presto (2016) e Teresa Papavero e la maledizione di Strangolagalli (2018).

 L’INTERVISTA

Leggendo Volevo essere una vedova sembra che uno degli ultimi tabù del Terzo Millennio sia quello di essere una quarantenne single e senza figli. È così?
“Ti ringrazio per il “quarantenne” perché io ormai vado per i cinquanta! E sì, lo è, purtroppo. Sei guardata come una aliena. Cosa avrà che non va? Senti mormorare. Oppure: guarda che ti manca poco!! Ti manca poco a cosa??? E le donne che mi scrivono mi dicono che se anche se sposata, o un figlio lo fai, mica basta! La domanda è: come mai siete sposati da dieci anni e non avete figli? Oppure, come mai uno solo e non due? Oppure, come mai solo due e non tre? Non c’è fine alla gogna sociale! Come ti muovi, sbagli!”

Dopo aver letto il tuo libro ci rendiamo conto che Chiara è un’icona: nelle sue disavventure migliaia di donne schiave degli stereotipi possono finalmente rispecchiarsi in una ragazza autentica. Il modello “Bridget Jones”, con tutte le sue imperfezioni, è sicuramente più realistico rispetto ai canoni femminili costantemente veicolati dai media. Possiamo affermare che Chiara, con la sua spontaneità disarmante, riesce a riscattare tutte noi perché è molto terapeutica?
“Magari! Me lo auguro. Scrivo per questo. Non mi sarei messa a nudo in questo modo se non avessi sperato di comunicare un messaggio a tutte. E cioè che siamo bellissime, con le nostre imperfezioni! Tutte, nessuna esclusa. E chi stabilisce i canoni? Siamo noi a farlo. Ti vedi bella, gli altri ti vedranno così”.

Quanto c’è di Chiara Moscardelli nella spassosissima protagonista Chiara?
“Tutto. Dovevo farlo. Per essere credibile, era necessario mostrare il più possibile di me. Ti garantisco, non è stato facile”. 

Cosa diresti, a cuore aperto, a una donna nella stessa situazione di Chiara?
“Siate felici, spensierate, divertitevi il più possibile. Godete di quello che avete e non di quello che ancora deve arrivare perché nell’attesa potreste rischiare, come è successo a me, di non vedere i traguardi che già avete raggiunto. Sentitevi belle, sempre e non permettete a nessuno di sminuirvi”.

C’è la probabilità di leggere, in futuro, un altro tuo romanzo con la stessa protagonista?
Un altro romanzo con la Moscardelli??? Sì, quando arriverò alla terza età.
“Con Volevo essere una gatta morta ho raccontato la mia adolescenza (che è durata fino ai 30 anni), con Volevo essere una vedova la mia maturità… aspetterei i sessant’anni prima di scrivere altro!”
Rossella Montemurro
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