venerdì, 26 Aprile 2024

“A volte fa più male parlare del cancro che il fatto di averlo. È più difficile ricreare l’esperienza e le impressioni di una patologia che sopportarle. Come tentare di osservare la scena dal suo stesso centro, e contorcerla nella forma di una verità, anziché voltare la testa e abbassare gli occhi e andare avanti come hanno fatto gli altri, accettando ciò che è stato  detto loro, sperando nella grazia dell’oblio”.

Non morire (La Nave di Teseo, traduzione ineccepibile di Viola Di Grado, vincitore del premio Pulitzer 2020 per la non fiction, del premio Windham-Campbell 2020 per la saggistica, tra i libri dell’anno dalla “New York Times Book Review” e finalista al PEN / Jean Stein Book Award 2020) di Anne Boyer è un libro sgradevole e essenziale al tempo stesso. Sgradevole perché ha come protagonista il cancro, un tumore al seno triplo negativo – altamente aggressivo – che ha colpito l’autrice una settimana dopo aver compiuto 41 anni. Essenziale perché affronta una argomento – spinoso, abusato ma purtroppo sempre attuale – a trecentosessanta gradi: quando parla di chemioterapia lo fa con rigore e riscontri medici, quando vira sul versante esistenziale e filosofico, prende in prestito pagine della grande letteratura, da John Donne a Susan Sontag, dando voce a quelle autrici che, fin dal passato, hanno vissuto il suo stesso calvario combattendo contro un tumore al seno.

“Il silenzio di un tempo, dentro il quale Lorde scrisse, è adesso il frastuono della straordinaria produzione linguistica intorno al tumore al seno. Oggi la sfida non è parlare nel cuore di un silenzio, ma al contrario imparare a resistere a un rumore spesso annichilente”.

Da un intervento senza anestesia di due secoli fa al clamore mediatico in una malattia costantemente in primo piano nel mondo digitale – tra blogger, truffatori e feticisti del cancro – fino ai dubbi sulle iniziative di tutte quelle associazioni che si battono che si battono per sensibilizzare sui tumori al seno: “(…) ogni nastro rosa ricorda la bandiera di un conquistatore intrappolato nella tomba di una donna”.

La sua è l’odissea lucida di una madre single che vive del suo stipendio, abituata a prendersi cura del prossimo e che si trova invece a dover contare sugli altri, è un cambiamento traumatico, ma anche l’occasione per raccontare la malattia con parole nuove.

Così la forza e la precisione della scrittura riscattano la fatica di un percorso segnato dall’incredibile macchina del profitto messa in opera dal capitalismo sulla nostra salute, capace di distribuire in modo iniquo sofferenza e morte secondo sesso, classe sociale, razza.

“Invitarvi nel mio corpo dolorante potrebbe somigliare a un invito a un seminario sul salto dimensionale. Nel dolore lo spazio diviene tempo, come dire che il dolore è l’esperienza  di un luogo che esiste solo come implorazione che finisca”.

Quello della Boyer è un libro complesso, nel quale ogni termine è frutto di una ricercatezza non indifferente. Lo stile, curatissimo, riflette il suo essere poetessa.

La Boyer è spietata, sincera, non fa sconti alle sue dissertazioni e, soprattutto, va oltre qualsiasi cliché o stereotipo sul cancro.

Non c’è autocommiserazione o vittimismo: Non morire è un libro coraggioso, da leggere assolutamente.

Anne Boyer è una poetessa e saggista. Per i suoi libri ha vinto il Cy Twombly Award 2018 per la poesia dalla Foundation for Contemporary Arts e il Whiting Award 2018 non fiction/poesia. Nata e cresciuta in Kansas, dal 2011 insegna presso il Kansas City Art Institute. Vive a Kansas City, Missouri. 

Rossella Montemurro

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