domenica, 5 Maggio 2024

“(…) Smettere non è mai un’opzione, tranne nel caso dei vizi: fumo, droga, abuso di alcolici o dolci. Chi molla va incontro al disprezzo dei suoi simili. “Pappamolle” e “fifone” sono insulti che continuano a ferirci anche quando abbiamo lasciato da tempo le scuole medie. La rinuncia occupa un posto unico e assolutamente negativo nel pantheon dei comportamenti umani: è particolarmente riprovevole. Di rado viene vista come una mossa tattica per uscire da un vicolo cieco.”

In Mollare non è una cosa da deboli. Perché lasciare un lavoro o una persona può cambiare la tua vita (Sperling & Kupfer, traduzione di Dade Fasic) Julia Keller rivaluta il concetto di “rinuncia” che, nella nostra società, è diventata sinonimo di sconfitta, fallimento, “l’ultimo nascondiglio del perdente”. Riflettendo, però, può essere in alcuni casi salvifica. Ad aprirci gli occhi su ciò che non andava nelle nostre vite, dalle relazioni al lavoro, è stata la pandemia, illuminandoci sul fatto che “spesso la vita cambia per il meglio quando lasciamo andare qualcosa che non funziona, quando barattiamo un destino per un altro. Se abbiamo deciso di cambiare, il primo passo è abbandonare il vecchio”. La stessa autrice lasciò un dottorato che non le dava nessuna soddisfazione, attraversò “l’onta” che sentiva dentro dopo quella scelta tanto che un mese non uscì di casa. Oggi può affermare con orgoglio che proprio grazie a quella svolta ha poi vinto il Premio Pulitzer per il miglior articolo giornalistico.

In una disamina precisa e puntuale la Keller presenta le ultime scoperte della scienza riguardo alla capacità degli esseri umani di cambiare abitudini e comportamenti, aiutandoci a comprendere quando e dove ha cominciato ad affermarsi l’idea della perseveranza a tutti i costi. E lo fa raccontando le scelte di chi è riuscito per davvero a lasciare un lavoro o una relazione insoddisfacente. Nel libro ci sono infatti numerose “bandiere bianche”: sono le testimonianze di persone che hanno lasciato qualcosa di importante nella loro vita; alcune sono tratte dalle interviste, mentre altre sono citazioni di personaggi famosi, che ricordano il momento in cui hanno abbandonato un progetto per dedicarsi ad altro.

Il volume può essere “letto “come un “kit della rinuncia” da montare con le vostre mani come un mobiletto dell’Ikea, solo che serve a migliorarvi la vita e non ad arredare il salotto. Vi aiuterà a vedere la rinuncia sotto una nuova luce, a fare chiarezza su ciò che vi sta davvero a cuore, dalla famiglia al lavoro fino al vostro benessere personale. Rivedrete i concetti di perseveranza e intraprendenza”.

Anche perché, “tutte le creature viventi sanno cosa bisogna fare quando c’è in gioco la sopravvivenza: cambiare strada”.

E non date retta a Smiles, scozzese classe 1812, che era convinto che una persona dovesse scegliere una sola strada nella vita e non lasciarla mai, né a tutti i presunti “guru” che si offrono di spalleggiarvi per non mollare né ai manuali di auto-aiuto: “Bisogna usare – conclude la Keller – un semplice metro, che andrebbe applicato a qualsiasi vita, che duri trentatré o centotré anni: l’intensità della passione con cui accogliamo ogni giorno e ogni esperienza, con cui abbandoniamo il vecchio e abbracciamo l’ignoto. Ripetutamente”.

Julia Keller è giornalista, autrice e insegnante. Ha conseguito un dottorato in letteratura inglese all’Ohio State University. Ha insegnato alla Princeton University, alla University of Chicago e alla University of Notre Dame. È stata per molti anni staff writer del Chicago Tribune, prima di abbandonare il mondo del giornalismo per diventare scrittrice a tempo pieno.

Rossella Montemurro

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