venerdì, 26 Aprile 2024

1968, Teatro San Carlo di Napoli. Giovanni Girosi aveva 25 anni quando il regista Gennaro Magliulo gli chiese di fare le scenografie per Il Campanello di Donizetti: “Rimasi inebetito. A quell’età lavorare al San Carlo era un privilegio. Mi disse: fai tu”.

E quel “fai tu” ha costellato la vita professionale di Girosi, da nessun regista ha subito pressioni né nessuno gli ha mai detto come voleva la scenografia: “O sono stato bravo o sono stato fortunato. – sorride – Per le scene per Roberto De Simone e la messa in scena di Lo cunto de li cunti per i ragazzi delle elementari, senza un’opzione scenica e con la sola orchestra che suonava scelsi un portale barocco con immagini metafisiche. E dissi che secondo me l’orchestra doveva andare sul palcoscenico”.

Tutto ciò che ha fatto gli stato offerto, il professore non ha mai chiesto niente a nessuno.

È approdata a Matera negli spazi dell’ex ospedale San Rocco nell’ambito del Festival Duni la mostra “Giovanni Girosi. Di scena in scena” che, interamente dedicata alla sua ampia carriera, ha preceduto il concerto che ha visto come protagonista Antonio Florio alla guida del suo complesso Cappella Neapolitana per l’esecuzione di Bello tiempo passato, il primo intermezzo comico napoletano.

“Di scena in scena” (progetto scientifico Manuela D’Agostino che si occupata anche della ricerca archivistica e bibliografica,  e Paola Visone, coordinamento della mostra e ricerca iconografica)  racconta oltre cinquant’anni di opere al servizio della scena teatrale e musicale: nato a Portici (NA) nel 1943, Girosi si è formato a Napoli e nel 1964 è stato tra i fondatori del Teatro Esse, fucina dell’avanguardia teatrale e vivacissimo collettivo di riferimento per i linguaggi della scenografia della contemporaneità. La carriera di Girosi attraversa decenni di storia della scenografia e di collaborazioni con registi come Luciano Capponi, Renato Carpentieri, Roberto De Simone, Cristina Donadio, Gennaro Magliulo, Ettore Massarese e Gennaro Vitiello. 

“L’incontro con il Festival Duni – spiega la professoressa Paola Visone, coordinatrice della mostra – è nato grazie al direttore artistico Dinko Fabris che nel 2020 era tra i relatori a Parigi per la presentazione della mostra del prof. Girosi quell’anno dedicata ai rapporti franco italiani. Nella sezione dedicata al teatro Esse ci sono alcune opere, come ad esempio I negri di Jean Genet, che rafforzano i legami tra l’Italia e la Francia a partire dagli anni Sessanta. La Settimana della lingua italiana era dedicata all’italiano sul palcoscenico quindi abbiamo dato corpo e forma alle parole attraverso lo spettacolo. Il direttore Fabris ci propose ci segnalò questo progetto del Festival Duni e così siamo giunti a Matera”.

“Il Festival Duni ormai è diventato internazionale, forse però la città non se ne è ancora accorta. – sottolinea il presidente Saverio Vizziello – Noi andiamo avanti lo stesso, con tanti sacrifici ma con riconoscimenti importanti”.

A conferma dei traguardi raggiunti dal Festival, presente ieri anche Juan Ángel Vela del Campo – editorialista e firma del quotidiano El Pais, è coordinatore della prestigiosa collana Historia de la Música en España e Hispanoamérica – il più grande critico musicale spagnolo, che ha salutato il collega Michelangelo Iossa a capo della comunicazione dell’evento.

In copertina da sinistra Paola Visone, Giovanni Girosi e Manuela D’Agostino

Rossella Montemurro

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