mercoledì, 8 Maggio 2024


Riceviamo e pubblichiamo dal professor Nicola Incampo, Direttore Ufficio Scuola della Conferenza Episcopale di Basilicata:

Viviamo nell’era digitale e siamo bombardati continuamente da messaggi, immagini, pubblicità e cose mondane.
Ci siamo mai chiesti che influenza hanno le immagini, sulla nostra vita, sulla nostra anima e sulla formazione della nostra coscienza cristiana? 
Siamo esposti ogni giorno a un carico di emozioni che creano immagini positive e negative – viste su TV, giornali, internet, cartelli pubblicitari – e immagini che affiorano alla nostra mente come il mare che lascia emergere in superficie la sua spazzatura. Siamo chiamati a fare pulizia nella mente e nel cuore. 
Come distruggere le “immagini- idoli” che prendono dimora nella nostra mente? 
Bisogna operare una sorta di ecologia della mente e del cuore. 
Ma Come? 
Bisogna entrare in contatto con il Creato: 
a) fare passeggiate in mezzo al verde della speranza per togliere il grigiore della tristezza e i neri della disperazione; come diceva san Bernardo: «Ho imparato più dai boschi che dai libri». 
b) andare in montagna per comprendere che la vita spirituale è una salita verso la montagna della Luce, fatta di preghiera, sacrificio, orizzonti nuovi, albe e tramonti, sorgenti di grazia e accompagnatori che sostengono il cammino; 
c) sostituire le immagini virtuali con le immagine reali del creato e poi eliminare, mediante un sano distacco, tutte le immagini che turbano, intorbidiscono e sporcano l’acqua del pozzo della nostra anima. Due, infatti, sono i modi per eliminare le immagini negative dentro di noi: 
1) Il metodo delle sostituzioni: cioè togliere le immagini spazzatura sostituendole con immagini della bellezza della vita e del creato.  
2) Il metodo del distacco ( via tutto e via tutti) consiste nel : distaccarsi dalla seduzione del mondo e del male (non dobbiamo dialogare con il male!);  fare silenzio per vincere quelle parole tenebrose che sono dentro di noi e che impediscono la strada verso la luce. 
Dobbiamo parlare o tacere? 
Parliamo troppo o siamo molto silenziosi? Sant’Agostino risolve l’enigma così: «se parli, parla per amore, se taci, taci per amore». È giusta l’intuizione di Gandhi: «il silenzio di labbra cucite non è silenzio. Si potrebbe ottenere lo stesso risultato tagliando la lingua, ma anche questo non sarebbe silenzio. È silenzioso colui che, avendo la possibilità di parlare, non pronuncia nessuna parola inutile». 
Un padre del deserto l’Abbà Poemen dice: «Ci sono quelli che sembrano in silenzio, ma nel loro cuore giudicano gli altri: costoro parlano continuamente. Altri, invece, devono parlare da mattina a sera, ma in realtà, custodiscono il silenzio perché nulla dicono che non sia di qualche utilità spirituale». 
Il monaco trappista Thomas Merton fa un bel richiamo ai cattolici che si associano alla Babele del mondo: «Il silenzio non è una virtù, il rumore non è un peccato». 
Verissimo.
Due sono i rimedi per evitare parole inutili che non servono all’edificazione del nostro prossimo: 
a) Sorvegliare il tono della voce, la calma nell’uso della parola e il grado di ascolto attivo che si ha nei confronti degli altri. 
b) Esaminarsi quotidianamente sull’autocontrollo della lingua, interrogandosi su quante volte si è parlato, per quanto tempo, per quale motivo, con quali intenzioni ecc…
Scrive Notker Wolf: «Il silenzio scelto liberamente colma di gioia e fa venire voglia di maggior silenzio; il silenzio forzato rende tristi e crea per forza il bisogno di sfogarsi, di parlare molto». 

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