sabato, 18 Maggio 2024

Professionale, competente, preparato. E dotato di cuore: e questa, che è sicuramente una dote rara ed encomiabile, in ambito manageriale può diventare anche una spada di Damocle. Il manager e avvocato materano Angelo Calculli in Da 100 a 10. Un viaggio nella musica in Rolls-Royce (Readaction, prefazione di Michele Monina) racconta con passione i suoi quattro anni accanto ad Achille Lauro, sottolineando come nel suo lavoro ci sia “sempre stato anche tanto cuore, anche se so che quando ci metti il cuore, c’è sempre chi non aspetta altro che l’occasione di mangiarlo, come gli Indiani d’America mangiavano il cuore dei bisonti per rubare la loro forza”.

Da 100 a 10 sarà presentato a Matera il 30 maggio alle 19 nel cineteatro Guerrieri. La serata, introdotta dal giornalista Sergio Palomba, vedrà la partecipazione straordinaria del critico musicale Michele Monina e il live music show di Cali, Valentina Parisse e Candyvan.

Il volume è una full immersion in un case study molto coinvolgente, un “dietro le quinte” della strategia vincente pianificata da Calculli per creare il personaggio Achille Lauro. Al lavoro manageriale frutto di visione, studio, esperienza e istinto dell’avvocato materano, infatti, si deve il successo mainstream dell’artista, con quattro partecipazioni al Festival di Sanremo, di cui una come super ospite.

“Fare di qualcuno una star”, come il celebre passaggio di Velvet Goldmine (Todd Haynes, 1998), è l’assunto dal quale parte l’avvocato dopo il primo incontro con l’artista: lui era un cantante trap – genere distante anni luce da Calculli – e Calculli non era un manager musicale ma stava lavorando a un film. Proprio per quel progetto serviva un “moderno cantastorie” individuato in Achille Lauro, un ragazzo che sprigionava un incredibile magnetismo. Bastò assistere a un concerto e, all’ennesima richiesta di averlo come manager, l’avvocato ebbe una vera e propria visione: “Percepii che effettivamente si poteva fare qualcosa di più, che quel “prodotto”, quell’artista di fronte a me, poteva diventare un prodotto mainstream.”

Lo stesso artista ha affermato: “Angelo, che se non ci fosse probabilmente oggi non staremmo facendo questa strada, è una persona che… grande visionario che ha messo tanta della sua esperienza non solo nella mia musica ma anche nella mia vita, mi ha insegnato tanto e appunto mi ha anche permesso di osare, perché molte volte anche rischiare è importantissimo”.

La loro è una collaborazione costellata da successi: i Sanremo, il cambio di etichetta discografica non esente da rischi ma avvenuto vantaggiosamente per Lauro grazie all’intuito di Calculli, gli attacchi della stampa affrontati con stile, un affiatamento che per anni (dal 2018 al 2022) si rivela prezioso e supera brillantemente anche il momento d’impasse provocato dalla pandemia.

Gravitano attorno al ruolo di Calculli – e sono ben raccontati nel libro – aspiranti manager, fan e appassionati di musica. Se è vero che quello del manager è un ruolo affascinante, che rimane spesso nell’ombra, è anche vero che è ambito e invidiato da tanti. È stata proprio l’ingerenza di persone dello staff rivelatesi infide e della gente – troppa e senza competenze – che si è insinuata nel rapporto con l’artista a incrinare il sodalizio.

Il titolo del volume, Da 100 a 10, si presta a due diverse interpretazioni. Da un lato, il valore dell’artista, passato in quattro anni grazie al manager materano da 100 mila euro a uno di oltre 10 milioni; dall’altro “un rapporto artistico e umano intenso partito a 100 e chiusosi in frenata”, dalle parole dello stesso Calculli.

Ricco di foto e citazioni, Da 100 a 10 è a metà tra memoir e saggio: in ogni caso, si legge d’un fiato per lo stile ritmato dell’Autore. I proventi di Calculli derivanti dalla pubblicazione saranno devoluti in beneficenza a Don Angelo Tataranni, Emporio solidale “Il Granello di Senape” della Parrocchia di San Rocco a Matera.

Nel suo libro lei afferma: “Il mio errore, in quel momento come in altri, fu mettere troppa umanità nel rapporto con l’artista, al punto tale da creare confusione o eccessiva interazione tra il rapporto professionale e quello filiale. Avevo finito per sentirmi come un padre che deve accompagnare il proprio figlio verso la strada del successo, affinchè gli si possa garantire un lavoro per tutta la vita”. Con il senno di poi, si comporterebbe allo stesso modo, visto che la sua grande umanità traspare anche in altre situazioni che lei descrive, o proverebbe a essere più freddo e distaccato nel rapporto con l’artista?
“Sa, io sono un boomer (come ci definiscono i giovani). Ma sono un boomer dei primissimi anni ’60, quella generazione che ha avuto in casa genitori che erano figli della guerra e che si sono dovuti rimboccare le maniche per consentire alle attuali generazioni di vivere bene. Ho vissuto gli anni in cui amicizia, libertà, condivisione erano elementi portanti della collettività. Anni in cui ci si aiutava tutti; ci si toglieva una maglietta di dosso per regalarla a chi non l’aveva così come si tornava a casa senza scarpe trovando la scusa di averle perse quando poi invece le si dava a chi era scalzo. Io credo che la formazione che riceviamo dalla famiglia, dalla vita, dagli amici in età adolescenziale è la spina dorsale, la colonna portante del nostro carattere. Per questo senza dubbi posso affermare di aver fatto un errore ma di essere pronto a commetterne altri quando si tratta di mettere il cuore nelle cose.” Spesso è proprio l’insicurezza a spingere in direzione della brama di voler avere sempre più soldi, al successo rincorso a tutti i costi senza mai viverlo. Ci vuole un equilibrio che non tutti riescono ad avere…” Gestire un artista che in un certo momento si rivela anche, dal punto di vista economico, una macchina da guerra significa anche avere una responsabilità enorme. Quanta forza, soprattutto emotiva, è necessaria per fare il manager a questi livelli?
“Avere a che fare con questo tipo di persone è davvero complicato. Per fortuna non tutti gli artisti e, ancora di più, non in tutte le arti accade questo. Cito una dichiarazione dell’immenso Totó che, seppur rilasciata in altra epoca, sembra essere molto attuale: “I giovani di oggi non hanno la passione che avevamo noi. Hanno solo l’avidità del guadagno, vogliono la macchina, la Cadillac e il successo, l’autografo, la fotografia su un giornale e quindi si dedicano alle canzoni. E infatti abbiamo una inflazione di cantanti. In Italia ce ne saranno 2/300 mila, mezzo milione, non lo so, che sperano, loro, che usciti da un cosiddetto festival incidono 1 milione di dischi e guadagnano 7/800 milioni. Invece noi no, noi a questo non ci pensavamo proprio, facevamo la fame.” Io ho lavorato con prodotti fisici, materiali “non pensanti”. Lavorare con un prodotto umano e pensante non è facile. Specie quando il suo pensare è frutto di ingerenze tra le più disparate e quando di base c’è una doppia personalità dai toni fortemente contrastanti. Poi capita che la voglia di arrivare lì dove solo le aquile osano ti fa perdere il senso del vivere il presente come un sogno che si è realizzato.”
Del suo rapporto con Achille Lauro, cosa le è rimasto nel cuore e cosa invece vorrebbe cancellare? “Mi è rimasto nel cuore Achille Lauro. Vorrei cancellare invece tutto ciò che gli ruota intorno e che brama per distruggerlo, compreso la parte imprenditoriale di cui il suo creatore vuol vestirlo.”
 Con quale aggettivo definirebbe la sua collaborazione con Lauro?
“Altalenante. Un giro sulle montagne russe in un vagone solitario e senza freni. Un concorso Ippico a Piazza di Siena nel giorno della prova di potenza, quando devi saltare il muro da 2.40 metri. Puoi farcela o sbattere e romperti l’osso del collo.”
 Lei ha un curriculum professionale ricco e variegato. Tra i vari settori in cui si è distinto, qual è quello che preferisce?
“Amo l’azienda, l’impresa.  Se proprio devo scegliere un settore in cui ho lavorato scelgo l’agroalimentare. È variegato, mai monotono e spesso porta in sé valori importanti.”
Può svelarci qualcosa sui suoi progetti futuri?
“Il futuro alla mia età ha un solo progetto per cui vale la pena di sforzarsi. Trasferire le proprie esperienze belle e brutte ai giovani. Sto dedicando a loro le mie ultime energie prima di tornarmene in Puglia in campagna.”

Rossella Montemurro

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