sabato, 18 Maggio 2024

Ricordo che mia suocera ripeteva sempre un proverbio grassanese: “Ci dic libbr dic labbr”, cioè “Chi dice libri dice labbra”.

Ecco perché oggi vorrei proporre alla vostra riflessione una bella poesia di Arturo Graf.

Avete mai fatto la prova a rileggere la vostra vita?

A rileggerla come se fosse un libro: il libro della vostra vita.

Arturo Graf nasce ad Atene da padre tedesco e madre italiana e nel 1851 si trasferisce a Trieste con la famiglia.

Alla morte del padre va a vivere a Braila. In Romania, ospite del fratello della madre e solamente nel 1863 rientra in Italia dove frequenta il liceo a Napoli. Terminato il liceo, segue le lezioni di Francesco de Sanctis, ma in seguito s’iscrive a giurisprudenza e si laurea in legge nel 1870.

Si dedica intanto, per un breve periodo, al commercio a Braila e al ritorno in Italia si reca a Roma dove conosce Ernesto Monaci con il quale stringe una salda amicizia, iniziando approfonditi studi sul Medioevo del quale si occupò anche in seguito, con particolare attenzione ai suoi aspetti simbolici.

Le dolorose vicende familiari di questo periodo, tra le quali la morte per suicidio del fratello Ottone nel 1894, lo avvicinano alla religione: Graf scrive l’opera Per una fede nel 1906, il Saggio sul “Santo” di “A. Fogazzaro”, gli aforismi e le parabole di Ecce Homo nel 1908 e il suo unico romanzo, Il riscatto, nel 1901.

La poesia che vorrei proporvi è la seguente: Il libro.

O libro del mio passato,

o memore libro, in cui

vaneggia quel trasognato

e quel deluso ch’io fui;

dalle bugiarde lusinghe

sciolto lo spirito ignudo,

sotto quest’ombre solinghe,

ecco, per sempre ti chiudo;

e con la mano che trema,

nell’ora muta e decline,

nella tua pagina estrema,

scrivo la parola: Fine

Nel leggere il libro della nostra vita scopriremo che la nostra vita è stata piena di illusioni e di smentite.

Scopriremo anche che la nostra vita è stata piena di vaneggiamenti e di bruschi richiami alla realtà.

Però è un libro meraviglioso, perché è la nostra vita!

Per questo al momento di chiuderlo quel libro chiama dentro qualcosa: sicuramente il bisogno di un attimo ancora per congedarsi dai morti e dalle favole.

Congedarsi e poi consegnarsi alla parola fine.

Fine per sempre.

Nicola Incampo

Pubblicità

Pubblicità
Copy link
Powered by Social Snap