lunedì, 29 Aprile 2024

Parlare di un Pasolini vivo, del lascito intellettuale di Pasolini nel nostro tempo, partendo dall’analisi storica del Pasolini a Matera fino ad arrivare agli artisti contemporanei che oggi raccontano il loro Pasolini. Secondo Marina Sonzini, che ha curato “Silentium: oltre il Vangelo secondo Matteo” insieme a Edoardo Delle Donne, è questo il senso della mostra-evento ospitata fino al e luglio negli Ipogei Motta a Matera: un centenario che raccontasse un Pasolini Vivo – vivo nel suo lascito artistico, nei suoi film, nel suo corpus di opere, ma anche e soprattutto nella sua lucida e penetrante visione del mondo.

“Nel 1964 a Matera è accaduta una cosa straordinaria. Un uomo tendenzialmente laico, marxista decide di raccontare il Vangelo con le parole del Vangelo e trova nei Sassi la sua Gerusalemme. A interpretare Gesù è Enrique Irazoqui, uno studente spagnolo che combatteva la dittatura di Franco. Mentre girano è come se la città si immedesimasse nel racconto, c’è un’alchimia, per i cittadini era come se Irazoqui fosse davvero Gesù. Volevo ricreare questa magia. Quando mi hanno proposto questo posto, in queste grotte ho rivisto i Sassi nel momento in cui è arrivato Pasolini, la magia mistica di questi posti. Ho visto il punto esatto in cui posizionare le opere di Danilo Malatesta. L’idea era ricreare la sacralità del posto e ricreare il percorso che è stato di Pasolini, di Malatesta e il nostro percorso nella vita – il senso del sacro che non è religione, il senso del nostro passaggio terreno.

Quando abbiamo iniziato a preparare la mostra, i tempi erano talmente stretti che non ho potuto lavorare con una planimetria, non c’era tempo. Eppure tutte le opere sono entrate al millimetro. È stato magico.

Io spero che dalla mostra resti qualcosa ma credo anche che Matera debba restituire una cosa: un luogo dove dare ricovero stabile all’archivio di Domenico Notarangelo, l’immenso archivio che racconta la storia della Basilicata lungo l’ultimo secolo, quando le tradizioni popolari erano ancora vive. Questo lascito oggi è in un magazzino, invece deve essere fruibile. Avete in mano un qualcosa di straordinario ed è un delitto atroce se dovesse andare perduto”.

“Silentium: oltre il Vangelo secondo Matteo”, promossa dal Circolo La Scaletta, emoziona, pervasa com’è da un forte senso mistico. Danilo Mauro Malatesta – le cui opere sono esposte insieme a quelle iper-realistiche di David Parenti e ai disegni di Francesco Tonarini – nel Vangelo secondo Matteo di Pasolini  ha trovato una bellezza immaginifca, tanto che, ispirato dal volume, nel 2017 ha realizzato la sua prima ambrotipia di soggetto sacro, La Sindone di Vetro, esposta al Museo della Sindone di Torino, e successivamente nel 2019 ha scattato De secunda Pietate, le Schegge Mistiche e il Sacro Atelier.

Colpisce negli Ipogei il Triclinum pauperum, incastonato in una nicchia che sembra essere stata fatta apposta per l’opera: “Riprende un tavolo di marmo del 300 dopo Cristo dove Papa Gregorio, tutte le settimane, dà da mangiare dodici poveri. Ho ricostruito la scena mettendo 24 braccia su questo tavolo. La stampa è uno a uno ed è conservata presso la chiesa rettoria di Sant’Andrea al Celio. Secondo la narrazione, queste persone si mettevano a tavola e un angelo appariva”.

C’è un’opera che mette i brividi, De secunda Pietate (9 ambrotipi 50×60 cm, dimensioni totali 150x180cm), l’inversione della pietà michelangiolesca. “Un Cristo umano e possente, la cui fisionomia è lontana dall’iconografia classica, trattiene tra le braccia una Madre giovane. Per lei il tempo si è cristallizzato nel momento in cui ha attraversato quel punto di non ritorno che è la maternità”, si legge in Silentium di Malatesta, un Gesù vivo che tiene Maria intesa come umanità.

“Il fatto di invertire il simbolo più importante della chiesa pensavo fosse una trasgressione invece quando l’ho presentata come seconda opera (la prima la Sindone, la terza la Crocifissione) al Museo della Sacra Sindone di Torino e a monsignor Marco Cocuzza, il rettore della chiesa rettoria di Sant’Andrea al Celio, ho avuto solo riscontri positivi. È un ribaltamento dei ruoli perché sentivo l’esigenza di un Gesù risorto e un Gesù risorto non può altro che tenere la madre tra le braccia. Ero convinto di essere messo al rogo invece è un’opera esposta in una chiesa, in un tripudio d’arte davanti a Domenichino, a Pomarancio, a Guido Reni a Michelangelo. È stata una bella esperienza”.

De secunda Pietate porta con sé anche una storia di grande attualità: nel giorno di Pasqua di quest’anno, Malatesta l’ha portata a Odessa stampata su un telo. L’ha stesa come segnale di pace dinnanzi alle barricate insieme alle più alte cariche religiose della città e l’ha riportata in Italia. Un gesto di grande impatto simbolico, ripreso dal tutte le televisioni ucraine.
“È stata una missione quasi impossibile perché fondamentalmente nessuno sapeva che andavo. La Basilica di Santa Maria Maggiore mi ha trovato un gancio, il vescovo di Odessa. È stata a Deribasivska Street, che è la strada più blindata del mondo. L’hanno firmata tutti i giornalisti che erano lì e il vescovo ha scritto ‘tante grazie al Papa Francesco e a tutto il popolo romano'”.

Esposte anche una serie di immagini sulla crocifissione frantumate, letteralmente: “Uso spaccare le immagini che creo proprio per dare ancora più potenza e rendere unica la stampa perché il vetro non c’è più. Sono ambrotipi. È una tecnica che risale al 1836. Le distruggo per connotare come unica ogni opera d’arte. Spaccandole, il negativo, la lastra che realizzo con una macchina fotografica non esiste più. Nel 1898 un fotografo Secondo Pia fotografò per primo il Santo Sudario, il Santo Sudario è un’ombra. Sviluppò la lastra e ha scoperto che dietro c’era il volto di Cristo”.

Malatesta lavora con una Tailboard del 1890 con lente Voglander Helleliar 600 mm 145 gemella della macchina con cui Secondo Pia immortalò la Sacra Sindone.

“Dietro ogni ambrotipia – precisa – c’è uno studio per la tecnica, difficilissima perché cambiano la temperatura, l’umidità, la location e cambia ovviamente la foto. È una forma d’arte incredibile, un misto tra pittura, scultura, fotografia e chimica in quanto la lastra la prepari personalmente”.

Intorno a questo nucleo centrale di opere (Pasolini a Matera raccontato attraverso le storiche, iconiche fotografie di Domenico Notarangelo, che ancora oggi girano il mondo grazie alla passione dei suoi figli), si estende la parte della mostra che racconta il Pasolini uomo e intellettuale in costante ricerca.
Le opere iper-realistiche di David Parenti in un grande ciclo denominato “Pasolini: per pura passione” e i disegni di Francesco Tonarini, che, dopo i ritratti della mostra romana, ha realizzato appositamente per Matera 20 tavole dal titolo “il mio Pasolini”, attraverso le quali racconta tutta la vicenda artistica e umana di questo gigante della cultura italiana.

Ad accompagnare i visitatori in questo percorso, ci sono ospiti prestigiosi. Apre il regista spagnolo Miguel Angel Barroso, col suo “Pier Paolo”, che ripercorre i luoghi della vita del poeta; poi il saggista Georgios Katsantonis, a seguire la giornalista d’inchiesta Simona Zecchi, i cui due libri “Massacro di un poeta” e “L’inchiesta spezzata” hanno indagato a fondo i misteri dietro l’omicidio di Pasolini. Poi il grande storico del cinema Piero Spila che quest’anno ha curato il volume “Tutto Pasolini”; quindi una prestigiosa conferenza del Prof. Nicola Feruglio sul Cristo sociale di Pasolini, e ancora il regista Enzo De Camillis col suo docu-film “Un intellettuale in Borgata” in cui Leo Gullotta legge “Io so…”, per chiudere in bellezza ospitando David Grieco, con il suo documentario dedicato a Mimì Notarangelo “Ladro di anime” e naturalmente con il suo film “Macchinazione”, in cui uno straordinario Massimo Ranieri interpreta Pasolini.

Rossella Montemurro

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