sabato, 27 Aprile 2024

Apt Basilicata, si apre la terza edizione di Fucina Madre

Dalla ceramica all’arte orafa, dal legno all’uncinetto, dall’arte digitale al recupero di antiche tradizioni manifatturiere. E’ un vero e proprio mosaico dell’eccellenza lucana quello che 44 artigiani, maker e designer, provenienti da ogni parte della Basilicata,...

“La sua bellezza intensa provocava nelle persone attrazione, invidia, ossessione e competizione. Veniva sempre soppesata in un certo modo dallo sguardo delle donne e concupita da quello degli uomini. Con questi l’atteggiamento di dominio era divenuto ben presto l’unico modo di porsi, una scelta obbligata da attenzioni non volute e moine stucchevoli. Una scelta obbligata soprattutto da se stessa”.
È un silenzio assordante quello che avvolge Agnese. Il suo mutismo, un muro invalicabile, una corazza – forse – verso il mondo esterno. Poi, la sera, Agnese si trasforma per diventare Violet, incantare il pubblico di un locale con la sua voce e fuggire via con una preda scelta a caso – un uomo ogni volta diverso da “usare” per una notte.
Le omelie di Don Antonio, invece, sono ficcanti. I suoi occhi scrutano i fedeli ma non c’è mai condanna, solo amore e indulgenza.
““Nel periodo pasquale, e oggi in particolare, Gesù ci insegna che non si muore. Non si muore se si crede nel Padre suo. Non si muore se ci si rivolge a Lui con l’anima colma di umiltà”.
Non si muore, pensò Agnese. Ci voleva proprio una fede smisurata. Che lei non aveva. Agnese pensò che ci voleva anche coraggio. Ci voleva proprio un bel coraggio da prete per mettersi a studiare per dieci anni e poi acquisire il potere di parlare come Ministro di Dio di dire dal pulito quali sono i comportamenti del buon cristiano. Ci voleva proprio un bel coraggio per fare la morale alle persone, per nascondere dietro a una croce un uomo in carne e ossa, un uomo che non vive una vita vera. Un uomo che confina i suoi sentimenti tra le mura di pietra spesse di una chiesa”.
Federico Brandi è uno psicoterapeuta prearato e scrupoloso: è quando Agnese diventa sua paziente che la deontologia professionale la mette da parte – da un lato per il desiderio di aiutare la ragazza, dall’altro perché ne è soggiogato.
Sono  loro i protagonisti di Violet (Leone editore) di Davide Cavazza, un libro di contrasti e rivelazioni, di scelte estreme che si rivelano vitali, di personaggi che sembrano fragili ma hanno grinta da vendere. Cavazza ha scavato nella psiche di Agnese, Don Antonio e Federico senza aver paura di andare a fondo, di toccare con mano tutte le incongruenze del dolore. Violet ha una trama in crescendo, tragica e bellissima allo stesso tempo.
 
Come è nata la trama di Violet?
 
Violet è nata dalla volontà di parlare del silenzio, tema molto complesso da rappresentare con le parole. Ho cercato di scrivere una storia in cui le sensazioni e le emozioni dei protagonisti possano avere lo stesso spazio delle parole, nel corso della narrazione. Un meccanismo che coinvolge subito il lettore. E’ un silenzio che urla, un silenzio che conduce verso un finale sorprendente”.
 
Agnese è piena di contraddizioni: passa le giornate in un silenzio tormentato e, solo di notte, la sua voce si esprime nel canto; ha una vita in apparenza morigerata e non esita ad adescare uomini… Quanto è stato difficile descrivere una donna così controversa?
 
“Agnese è una donna tormentata. Custodisce un segreto che la dilania. Descrivere la sua anima e le sue giornate è stato complicato, ma anche assai interessante. Ho indagato le pieghe del suo cuore e dei suoi desideri, cercando di capire come rendere la massima intensità di ciò che lei prova. Il suo dolore e la sua speranza sono il motore del romanzo”.
 
La religione e la musica sono il filo conduttore di Violet. Gran parte di Violet è improntata proprio sulla religione cattolica: ha dovuto approfondirla in maniera particolare per la stesura del suo romanzo?
 
“Sì. Ho letto molto, documentandomi specialmente sulla Settimana Santa, periodo di svolgimento del romanzo, e sulla figura del Cristo. Gesù, sia dal punto di vista religioso che storico. È una personalità straordinaria e unica. Riscoprire il suo messaggio è stato davvero bello. Le sue azioni e le sue parole hanno avuto una forza rivoluzionaria, e lui è stato davvero il più grande ribelle della storia”.
Diventare padre l’ha in qualche modo influenzata per scrivere Violet?
 
“Diventare padre influenza tutto. Essere genitore mi ha aiutato nella stesura del romanzo, perché l’ottica di chi protegge, ripara e ama è un modus che può caratterizzare alcuni tratti dei personaggi. Ed è una condizione molto classica per uno scrittore, che interpreta la realtà e cerca di comprenderla, senza giudicarla, facendo emergere ciò che essa esprime in maniera forte e realistica. Adottare questo stile è un pò come adottare un bambino: serve molto amore, molta cura, e nel contempo ci si deve affidare al destino, in maniera tenace e positiva”.
“Diciannove” indica un orario particolare per la protagonista. Anche nel suo romanzo precedente, Diciannove Novantuno, i numeri avevano una particolare importanza. Come mai?
“Ci sono alcuni fili sottili che legano tutti e tre i miei romanzi. E in ciascun nuovo romanzo compare un personaggio del precedente. E’ un modo per caratterizzare le mie storie e la mia scrittura. I numeri forniscono un universo ricchissimo al quale attingere. Possono piegarsi alle diverse esigenze narrative e fissare l’attenzione su particolari precisi, che poi cadenzano un ritmo all’interno del romanzo stesso. Numeri, parole e colori costituiscono la cassetta degli attrezzi che uno scrittore ha. La loro scelta dà vita alle scene che vengono costruite sulla pagina. In Violet le diciannove di ogni giorno rappresentano per la protagonista Agnese il momento cruciale della sua giornata, quello più atteso e desiderato…”
Davide Cavazza, classe ’72, ha coordinato per Amnesty Italia numerose campagne su paesi e temi, tra cui: Non sopportiamo la torturaIo non discriminoMai più violenza sulle donneControl Arms.
È coautore di numerose pubblicazioni sui diritti umani: Liberi di essere (ECP, 1998), edizioni dal 2000 al 2005 del Rapporto Annuale di Amnesty International (versione italiana), Disegni di guerra (EMI, 2000, per Coopi), Non chiamarmi soldato (EGA, 2002, per Caritas Italiana), Kalami va alla guerra (Ancora, 2006).
Ha ideato e coordinato con Rizzoli Libri Illustrati la redazione dei volumi: Non sopportiamo la tortura (2000), Razzismo. Il colore della discriminazione (2003) e Donne. Il coraggio di spezzare il silenzio (2004), con prefazioni originali di Luis Sepúlveda, Moni Ovadia e Dacia Maraini.
Ha collaborato con ASVI per la pubblicazione della Guida internazionale alle professioni e al lavoro nel non profit  (EMI, 2005). È curatore del libro Campagne per le organizzazioni non profit (linka /chi-siamo/libri/campagne-per-le-organizzazioni-non-profit ) (EMI, 2006). Per Leone editore ha pubblicato anche La gabbia e Diciannove Novantuno.
Rossella Montemurro
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