lunedì, 6 Maggio 2024

Cosa saremmo disposti a fare per salvare nostro figlio? Tutto. Perché una delle paure ancestrali è proprio quella di perdere un figlio.

È così che inizia The Chain (Longanesi, La Gaja Scienza, traduzione di Alberto Pezzotta), con una richiesta da un lato assurda, dall’altra molto plausibile: rapire un ragazzino affinché sia liberata la nostra bambina, a sua volta rapita da sconosciuti. Non bisogna spezzare la catena, mai. Né rivolgendoci alle forze dell’ordine né cercando in qualche modo aiuto. Dobbiamo farcela da soli, del resto siamo stati scelti proprio per le nostre capacità.

Su queste premesse l’autore, Adrian McKinty, ha basato una trama adrenalinica e ipnotica in cui Rachel, una donna come tante – divorziata, mamma di Kylie, alle prese con un tumore – all’improvviso riceve una telefonata angosciante. Una voce femminile le dice di aver rapito Kylie e le detta alcune istruzioni. Se non le segue alla lettera Kylie morirà e morirà anche il figlio della donna. Destini incrociati, incatenati in modo agghiacciante, nelle mani di una mente perversa, con manie di onnipotenza e con uno smisurato senso di impunità.

Fin dalle prime pagine si piomba in un vortice di ansia, la stessa che prova Rachel. La Catena non perdona, ogni passo falso può essere fatale. È necessario pagare entro ventiquattr’ore una determinata somma, individuare la prossima vittima e continuare a comportarsi normalmente per non destare sospetti. Si diventa paranoici perché è come se la Catena avesse occhi e orecchie ovunque: basta una telefonata da un utente sconosciuto a farci tremare.

Rachel, con il consenso della Catena, si fa aiutare da Pete, suo ex cognato con un passato nei Marine e un presente nel quale sconta gli strascichi di una pesante dipendenza da eroina.

Ben presto la sua angoscia si trasforma in azione e arriva a fare cose che non avrebbe mai pensato di compiere. Da donna indifesa e, per certi versi, in balia di un destino affatto clemente, Rachel diventa una leonessa.

Accanto alle ore concitate nelle quali la donna tenta di assecondare le richieste della Catena, si alterna una vicenda torbida che ha inizio una trentina d’anni prima per giungere nel presente: storie legate a doppio filo dalla sete di vendetta e da rancori fortissimi.

“La Catena è un metodo disumano per sfruttare la più umana delle emozioni: la capacità di amare. Non funzionerebbe in un mondo privo di amore, per i figli, tra fratelli, tra innamorati”.

The Chain, oltre a essere un thriller ottimo con una trama assolutamente perfetta, riesce a tratteggiare con precisione le più diverse psicologie umane e a evidenziare quanto sia pericoloso usare i social network come se fossero un diario minuzioso nel quale annotare ogni minuto della nostra giornata.

Con una scrittura travolgente e un meccanismo narrativo che ha conquistato gli autori di crime fiction più importanti al mondo, è stato definito da Stephen King “spaventoso, travolgente, originale : conteso tra i principali editori mondiali all’ultima fiera di Francoforte, in uscita a luglio in America e Inghilterra, The Chain è diventato un fenomeno editoriale ancor prima della sua pubblicazione.

Adrian McKinty è nato e cresciuto a Belfast negli anni del conflitto nordirlandese. Figlio di un ingegnere navale costruttore di caldaie e di una segretaria, dopo aver studiato filosofia a Oxford grazie a una borsa di studio si è trasferito negli Stati Uniti, per insegnare inglese alle superiori. Il suo thriller d’esordio, Dead I Well May Be, è stato selezionato per il Dagger Award 2004 e ha un’opzione per i diritti cinematografici con la Universal Pictures. I suoi libri hanno vinto l’Edgar Award, il Ned Kelly Award, l’Anthony Award, il Barry Award e sono stati tradotti in oltre 20 lingue. Adrian McKinty è critico letterario per il Sydney Morning Herald, l’Irish Times e il Guardian. Vive a New York con la moglie e i due figli. In via di pubblicazione in 35 paesi, The Chain diventerà presto un film prodotto dalla Paramount.

Rossella Montemurro
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