venerdì, 17 Maggio 2024

Tutta la forza di una mamma, lo spirito combattivo e il coraggio smisurato in “Luca e Davide. Quel filo che lega la terra al cielo” di Elvira Bianco. Il libro è stato presentato a Matera nella Biblioteca di quartiere Lanera

"Chiesi a me stessa l’ennesima prova: mi imposi di essere in grado di non far percepire a nessuno di loro l’idea di quella disperazione naturale che mi aveva assalita e pensai che avrei dovuto, al contrario, mostrarmi come i miei figli mi avevano insegnato: sorridente...

Graffiante, eccessiva ma autentica, profondamente autentica. È così che arriva la voce di Teresa Ciabatti anche in Sembrava bellezza (Mondadori), un romanzo con cui non ha paura di affrontare tematiche intramontabili – l’amicizia, l’invidia, la bellezza e il suo inevitabile declino. Un libro che, ancora una volta, ha il sapore dell’autofiction (o forse no, l’autrice è brava a dissimulare), come specificato nelle primissime pagine: “I fatti e le persone di questa storia sono reali. Fasulla è l’età di mia figlia, il luogo di residenza, altro”.

In un flusso di coscienza ininterrotto, a parlare in prima persona è una scrittrice di successo di 47 anni, divorziata, con una figlia ventenne – con cui ha un rapporto pessimo. Una donna che vive come un riscatto la posizione raggiunta dopo anni – in primis quelli dell’adolescenza – vissuti quasi nell’emarginazione a causa di un corpo che non rispondeva ai canoni estetici imperanti. All’improvviso, proprio dal passato arriva Federica, un’amica che non vede dalle superiori, e che inevitabilmente porta con sé il fantasma di Livia – la sorella bellissima, spregiudicata, la ragazza che i maschi avrebbero voluto portarsi a letto mentre le coetanee vedevano come un modello irraggiungibile. Alternando presente e passato, la Ciabatti inizia una full immersion negli anni Ottanta, tra le fantasie adolescenziali in una Roma stordita dalla scomparsa di Emanuela Orlandi quando un incidente accaduto a Livia ha cristallizzato la mente di una diciottenne in un corpo bellissimo ma appartenente, ormai, a una donna di cinquant’anni.

“(…) Livia, piuttosto che ripararsi – in macchina, sotto una pensilina di qualsiasi strada del mondo –, lei si sposta al centro della piazza. È neve, dice. Allarga le braccia, viso rivolto verso l’alto, bocca spalancata a ingoiare pioggia direttamente dal cielo. Che sia questa l’immagine esatta del ritardo mentale. Non gli impeti improvvisi. Denudarsi, urlare. Volteggiare, perdere l’equilibrio, nuotare sul tappeto con la ciambella. Non l’errore di misura, inciampare sulle scale credendo lo scalino più basso. L’errore di tempo, dimenticare che tua madre è morta, non ricordare di avere cinquant’anni. Che sia questa la radiografia – altro che cervello sul monitor, agglomerato nero sul lobo sinistro –, la radiografia perfetta del cervello danneggiato”.

Federica, ingabbiata in un matrimonio non brillante e con due figlie, è stata la badante di Livia – i genitori sono rimasti scombussolati dal dolore immenso – fin quando ha potuto, fino al trasferimento a Genova. Ha voluto rivedere la sua amica del liceo per chiederle un favore: stare accanto alla sorella. Per la protagonista, con il suo carico di problemi – tra cui uno molto imbarazzante – ben nascosti dietro una vita in apparenza appagante, sempre sotto i riflettori, significa tornare indietro di trent’anni ma a ruoli invertiti. Livia ha un desiderio che le chiede di esaudire: incontrare Massimo, il “suo” ragazzo prima dell’incidente – un ragazzo che, diciamo la verità, lei all’epoca era in procinto di mollare. Livia – è una delle conseguenze dell’incidente – è diventata spudorata, dice quello che pensa senza filtri, ha un’attenzione esagerata e spesso fuori luogo verso argomenti sessuali. In Massimo – invecchiato e lontano dall’immagine del “più bello della scuola” – lei vede, ostinata, ancora quello splendido ragazzo. E lui, come in un beffardo gioco di specchi, ritrova nella scrittrice il sogno proibito dell’adolescenza. Ma di anni ne sono passati tanti, troppi. E il tempo spesso è inclemente. Alla scrittrice rimangono le emozioni (la rabbia e la superbia del presente, le umiliazioni del passato per una ragazzina della provincia con lo zainetto a forma di koala che si è trasferita in una grande città…), forti, che rimbalzano, sfilacciate, nei rapporti madre-figlia e in quelli tra amiche. Prendersi cura di Livia, a poco a poco, significa prendersi cura di quella figlia con cui non è riuscita a instaurare un rapporto sereno.

In Sembrava bellezza la Ciabatti è molto intimista e introspettiva: c’è poco di quella leggera e sfrontata ironia che caratterizza La più amata. Sembrava bellezza è comunque un romanzo splendido e, con molta probabilità, come accadde quattro anni fa per La più amata sarà in corsa per lo Strega.

L’autrice, nata e cresciuta a Orbetello, vive a Roma. I suoi romanzi sono: Adelmo, torna da me (Einaudi Stile libero), I giorni felici (Mondadori), Tuttissanti (Il Saggiatore), Il mio paradiso è deserto (Rizzoli), La più amata (Mondadori, finalista al Premio Strega 2017, sul podio della Classifica di qualità de «La Lettura – Corriere della Sera», miglior romanzo del 2017 per «Rivista Studio») e Matrigna (Solferino). Ha scritto romanzi e di racconti pubblicati in antologie e apparsi anche sulle riviste «Nuovi Argomenti» e «Granta».

Rossella Montemurro

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