sabato, 27 Aprile 2024

Apt Basilicata, si apre la terza edizione di Fucina Madre

Dalla ceramica all’arte orafa, dal legno all’uncinetto, dall’arte digitale al recupero di antiche tradizioni manifatturiere. E’ un vero e proprio mosaico dell’eccellenza lucana quello che 44 artigiani, maker e designer, provenienti da ogni parte della Basilicata,...

“Sanno essere amorevoli e accoglienti, per molto tempo, quello necessario a cadere nella loro trappola. Quello che serve per ingabbiarti nel loro gioco.

Sanno cosa dire, come dirlo e quando.

Quali corde toccare.

Quali tasti del tuo cuore sfiorare.

E quando sei completamente cotta, persa, nelle sue mani, quelli come lui, spietati e assetati di sangue, e di amore malato, quello che gli è stato negato da piccoli, ecco, quelli lì, in quel momento, ti danno il colpo di grazia. Perché godono in quel modo.

E poi, mentre muori, lentamente, mentre il mondo ti crolla addosso, mentre sprofondi nella disperazione, loro ti guardano impassibili. Come se nulla fosse. Come  se tu non stessi davvero morendo. Come se loro non c’entrassero niente con il tuo dolore. Come se fossi tu la pazza! Come se il tuo cuore e la tua vita, in realtà, fossero roba loro. Come se la mano che gli tendi, per essere salvata mentre anneghi, fosse invisibile. Trasparente. Come i loro occhi”.

Toccare il cielo con un dito e piombare nella disperazione. Vivere l’estasi ed essere circondati dall’inferno. Lasciarsi andare alla sensualità e provare quant’è insidiosa l’ansia.

Amare, abbandonarsi tra le braccia dell’altra persona significa anche – per fortuna non sempre – accettare i rischi che questo abbandono comporta. Il tradimento, in primis. Ed è straziante quando ormai se ne ha la certezza ma chi ci è accanto continua a negare salvo poi (e lo fa più per lui che per noi) buttar fuori mezze verità che, in ogni caso, lo assolvono, perché non è mai colpa sua. Sul banco degli imputati ci sarà sempre l’altra che, se prima era una “mezza matta” che magari lo perseguitava, diventa all’improvviso la donna che ha preso il posto nostro.

Il tradimento, il tradimento subìto, è una delle esperienze più complesse a cui andiamo incontro quando all’altro, al nostro partner, ci affidiamo ciecamente. E anche di tradimento – nelle sue modalità più “basse” e devastanti – parla il nuovo romanzo dello scrittore Roberto Emanuelli in Volevo dirti delle stelle (Sperling & Kupfer).

Matteo e Claudia, i protagonisti, si muovono a distanza di vent’anni, tra il 2001 e il 2021: sono più maturi e meno disillusi, chiusi in un rapporto che inizia a traballare appena irrompe Greta, diciannovenne più che intraprendente. Accanto a lei, spregiudicata e senza scrupoli, la coppia di quarantenni sembra una coppia di eterni adolescenti.  Il tradimento e l’amore tossico sono dietro l’angolo, ma può una coppia sopravvivere a quegli scossoni che inevitabilmente possono travolgerla?

“Personalmente non ho mai pensato di tradire. – confida l’autore – La domanda che mi sono sempre posto è quanto cambia a livello etico pensare solo di tradire? Io non l’ho fatto per paura, ma ci ho pensato. Nell’aria, dopo un tot di anni, la tentazione arriva per forza. Sta a te non farlo perché di quel rapporto vuoi preservarne la purezza ma c’è anche chi tradisce e non si pone nessun problema. C’è quello che poi proprio gioca con la tua vita: un tradimento fisico penso non lo accetterei ma lo potrei affrontare, un tradimento emotivo no. Esistono persone che mentono fino alla fine, persone che mentono a tutti, anche a se stesse. E se capiti sulla loro strada, sono cose che ti segnano”.

Lui ha vissuto in prima persona quello che in parte racconta, anche se a parti invertite. Eppure, la sua fede nella forza dell’amore è incrollabile. Mai smettere di crederci, nonostante tutto: “Nelle coppie tante volte non ci si trova, ma sono convinto che quando due anime sono destinate ad amarsi alla fine si ritrovano sempre”.

E mai smettere di volersi bene, di rispettare sé stessi, di amarci: perché è solo così – aprendo finalmente gli occhi sul mostro che avevano accanto travestito da principe – ritrovandoci, raccogliendo i cocci di noi stessi, che cominciamo a rinascere.

Rossella Montemurro

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