sabato, 27 Aprile 2024

Apt Basilicata, si apre la terza edizione di Fucina Madre

Dalla ceramica all’arte orafa, dal legno all’uncinetto, dall’arte digitale al recupero di antiche tradizioni manifatturiere. E’ un vero e proprio mosaico dell’eccellenza lucana quello che 44 artigiani, maker e designer, provenienti da ogni parte della Basilicata,...

Avvertire il desiderio di maternità a cinquant’anni. Fare coppia con un coetaneo che però ha i tratti di un narcisista incallito. Avere una giocatrice compulsiva come madre e non averla mai potuta chiamare “mamma” ma solo con il suo nome di battesimo.

Un figlio a cinquant’anni comporta più rischi che benefici. E poi a cinquant’anni l’energia per crescerlo non è certo quella dei venti o trent’anni e questo figlio rischia di rimanere orfano da adolescente… Tabù, luoghi comuni, frasi fatte: tutto questo circonda Giulia, giornalista freelance, quando trova il coraggio di buttar fuori quella che è ormai una ragione di vita: un figlio, a cinquant’anni, appunto, e immersa in una precarietà (sentimentale ed economica) non indifferente.

Non dimenticarlo mai (Garzanti) di Federica Bosco affronta una tematica attualissima e controversa. Sì, i tempi sono cambianti, i cinquantenni di oggi sono i trentenni di un po’ di tempo fa, è come se si fosse pervasi da un’eterna adolescenza che illude e rende capaci di osare, di andare oltre i limiti. Però pregiudizi e retaggi restano, ed è quello che emerge anche da questa trama pronta a travolgerci con un forte carico emotivo.

Il primo ostacolo che Giulia deve superare è il consenso di Massimo. Stanno insieme da quattro anni e per lui, convinto che Giulia non avrebbe mai voluto figli (lei stessa ripeteva di non avere istinto materno), quella richiesta, quell’esigenza così pressante della sua compagna è un fulmine a ciel sereno. Eppure si lascia convincere. Le amiche, invece, non tutte reagiscono con entusiasmo di fronte al sogno di Giulia. La madre, poi, del tutto priva di sana affettività, le sbatte in faccia quello che pensa.

A essere con lei, fin dall’inizio, sono l’amica e collega Barbara, il fratello Emanuele con la compagna e il padre con la nuova moglie. Avere un figlio a cinquant’anni non è una passeggiata, Giulia lo scopre sulla propria pelle quando per lei comincia il percorso della fecondazione in vitro: con Massimo fare l’amore è diventato un dovere, ci sono gli ormoni che sballano l’umore, c’è l’attesa che è un mix di ansia e speranza, ci sono gli aborti. E c’è anche un nuovo amico, Aurelio, incontrato nella sala d’attesa del ginecologo, anche sua moglie sta provando ad avere un bimbo. In tutto questo Emanuele si ammala e Massimo inizia ad avere un atteggiamento odioso. È nervoso, non le sta vicino, è un miracolo quando presenzia alle ecografie, è latitante fisicamente e affettivamente. E Giulia (che con la madre che si ha ha una paura matta di ritrovarsi sola) probabilmente è innamorata più dell’amore che di Massimo: sopporta, soccombe non rendendosi conto di quanto male le sta facendo quest’uomo.

“Che rapporto era diventato? Non c’era una linea da seguire, un giusto e uno sbagliato, dovevo anticipare i suoi stati d’animo, prevedere cosa o chi gli avrebbe dato fastidio, comprendere se aveva avuto una brutta giornata, ascoltarlo, incoraggiarlo, consigliarlo e sperare di non sbagliare qualcosa.

Nella mia vita regnava il caos.”

Ad aiutarla è una psicoterapeuta bravissima che però sembra combattere contro i mulini a vento: Giulia è cieca ai comportamenti di Massimo, si ostina a rimanergli accanto malgrado si sia accorta delle tante bugie dette dall’uomo e dei tanti vuoti che le ha provocato.

Non dimenticarlo mai è un libro che costringe a guardare in faccia le emozioni. La testardaggine di Giulia – a volere un figlio, a voler sempre ricominciare con Massimo anche se è chiaro che quel prendersi e lasciarsi è solo un circolo vizioso, lui (narcisista) non cambierà mai… –, la situazione stagnante del suo rapporto è spesso la regola di chi teme l’abbandono e, incapace di vivere una relazione normale, è come se avesse paura della serenità. La voce di Federica Bosco arriva al lettore con forza, con decisione. Lo travolge con uno stile di una semplicità assoluta in cui spicca l’autenticità di una storia che prima o poi potrebbe riguardarci tutte. Non a caso, nei ringraziamenti la Bosco confida: “Questo romanzo è nato al termine del periodo più doloroso e straziante della mia vita.

Dopo quello che è stato un giro di boa pesantissimo, carico di delusioni, illusioni, dolori e treni perduti per sempre che non credevo nemmeno mi interessassero.

Il tutto, e forse non a caso, durante un periodo storico che ci ha annichiliti, annientati, messi a nudo e resi più fragili e impotenti che mai.

Mi sono trovata letteralmente raggomitolata su me stessa, in un lago di lacrime ininterrotto, da cui ho capito che da sola non mi sarei rialzata.”

L’autrice, scrittrice e sceneggiatrice, ha al suo attivo una ricca produzione di romanzi e vari manuali di self-help. È stata finalista al premio Bancarella 2012 e il suo romanzo Pazze di me è diventato un film diretto da Fausto Brizzi. Con Garzanti ha pubblicato anche Ci vediamo un giorno di questi (2017), Il nostro momento imperfetto (2018) e Non perdiamoci di vista (2019).

Rossella Montemurro

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