sabato, 27 Aprile 2024

Apt Basilicata, si apre la terza edizione di Fucina Madre

Dalla ceramica all’arte orafa, dal legno all’uncinetto, dall’arte digitale al recupero di antiche tradizioni manifatturiere. E’ un vero e proprio mosaico dell’eccellenza lucana quello che 44 artigiani, maker e designer, provenienti da ogni parte della Basilicata,...

Dopo i Millenials, l’ultima generazione ad affacciarsi al mondo della scuola è proprio quella dei Centennials, ragazzi avvezzi fin dalla nascita ad utilizzare internet, smartphone e tablet: si sentono a loro agio nella rete, pensano e comunicano in modo diverso da tutte le generazioni precedenti. La loro è una “generazione on demand”, abituata a soddisfare la propria velocità con un ritmo che solo le tecnologie digitali possono garantire. Vivono sperimentando due modalità: una in presenza e una dentro la realtà virtuale, e per molti di loro, essere imprenditori a sedici anni, costruire robot a undici, inventare un satellite a diciassette, imparare l’inglese quasi da autodidatti è diventato semplice.
I Centennials non hanno conosciuto un mondo pre-digitalizzato, ed è quindi assurdo chiedere loro di affrontare il percorso scolastico in maniera tradizionale. Inoltre i lavori dei prossimi decenni saranno in tutto o in parte diversi da quelli che oggi interessano i settori produttivi e dei servizi, e i ragazzi vanno preparati anche a questo. Eppure la scuola sembra sottovalutare, in molte sue espressioni, la portata di questi cambiamenti: Valentina Aprea, esperta di scuola e istruzione, compie nel volume La scuola dei Centennials (Egea) un’attenta analisi storica di questo passaggio d’epoca, cercando di tracciare una strada per una formazione 4.0. In questa fase di profonda evoluzione tecnologica – che investe noi tutti – tra app, coding, realtà aumentata e virtuale, la scuola deve saper dare ai ragazzi i giusti strumenti per formare una “coscienza digitale”. Il posto più consono del docente del terzo millennio sarà quello accanto a loro e non più quello di fronte a loro. Gli ambienti di apprendimento del futuro dovrebbero essere flessibili e polifunzionali, maggiormente idonei a favorire forme di apprendimento basate su attività di confronto, ricerca e creazione individuale.
Un nuovo modo di apprendere – sostiene Aprea – non comporta solo spazi diversi, ma anche nuovi modi e nuove qualità di apprendimento, con competenze didattiche plurime: docenti preparati – oltre che sul piano strettamente disciplinare – anche su quello tecnologico, e disposti nel contempo ad abbandonare “cattedra e lavagna” per diventare guida e stimolo degli studenti.
Le trasformazioni descritte non significano che il metodo tradizionale di insegnamento sia superato: semplicemente va integrato in maniera sapiente e critica con metodologie didattiche attive, capaci di giovarsi anche dell’ausilio di una vasta gamma di strumenti multimediali. Il messaggio dell’autrice è quindi quello di un’integrazione tra il tradizionale libro, terreno prezioso da cui partire e al quale tornare per fare sintesi dei contenuti, e altre tecnologie al passo con i tempi, un mix tra la nostra tradizione educativa con il meglio della tecnologia disponibile: portare in classe un oggetto in realtà aumentata per studiarlo meglio, co-operativamente; poter apprendere da ogni luogo in cui ci si trovi e poter visitare virtualmente posti difficilmente accessibili; poter costruire i propri prodotti digitali per acquisire in modo attivo contenuti, abilità e competenze.
La necessità di un nuovo modello formativo procede di pari passo con il bisogno di preparare alle professioni di domani, di molte delle quali ancora non sappiamo neppure l’esistenza. Il mondo del lavoro ha già oggi un legame con quello scolastico, dato dall’obbligatorietà della cosiddetta “alternanza scuola-lavoro”: una relazione utile per le aziende perché rappresenta un modo per cercare figure professionali adeguate e esprimere la propria responsabilità sociale sul territorio; per la scuola per diventare punto di riferimento, per capire l’evoluzione delle richieste delle figure professionali. Un percorso ben avviato, che ha bisogno di un maggiore ampliamento e radicamento nelle strutture sia aziendali che scolastiche.
Tutti gli elementi esposti – didattica digitale, alternanza scuola – lavoro, filiere professionalizzanti, studio delle lingue, esperienze di internazionalizzazione – costituiscono le basi per costruire una scuola del terzo Millennio.
Le numerose testimonianze di docenti e studenti e i tanti casi reali che nel libro integrano la narrazione di questo passaggio d’epoca lanciano un messaggio di ottimismo, perché le esperienze promosse e raccolte dall’autrice dimostrano che una scuola del futuro “si può fare”. Anche nel nostro Paese.
Valentina Aprea è membro della VII Commissione (Cultura, Scienza E Istruzione) della Camera dei Deputati. Dal 2012 al 2018 è stata Assessore regionale all’Istruzione, Formazione e Cultura della Regione Lombardia.
Responsabile delle politiche scolastiche nei Governi Berlusconi, ha ricoperto l’incarico di sottosegretario al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Collaborando col Ministro Letizia Moratti, ha contribuito alla stesura della legge 53/03 e dei decreti attuativi della riforma della scuola. Ha raccolto le sue proposte politiche sulle strategie di riforma scolastica nel volume “La scuola che non c’è”, (Liberal Libri, 2001).
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