sabato, 27 Aprile 2024

Apt Basilicata, si apre la terza edizione di Fucina Madre

Dalla ceramica all’arte orafa, dal legno all’uncinetto, dall’arte digitale al recupero di antiche tradizioni manifatturiere. E’ un vero e proprio mosaico dell’eccellenza lucana quello che 44 artigiani, maker e designer, provenienti da ogni parte della Basilicata,...

“Questa è la storia del mio corpo. Il mio corpo è stato spezzato. Io sono stata spezzata. Non sapevo come rimettermi insieme. Ero in frantumi. Una parte di me era morta. Una parte di me era muta e tale sarebbe stata per molti anni.
Mi hanno svuotata. Ero determinata a riempire il vuoto, e il cibo è stato il mezzo a cui sono ricorsa per costruire un guscio intorno al poco che era rimasto di me. Mangiavo e mangiavo e mangiavo nella speranza che, se fossi diventata più grossa, il mio corpo sarebbe stato al sicuro. Ho seppellito la ragazza che ero per via di tutti i guai che avevo passato. Ho cercato di cancellare ogni memoria di quella ragazza, ma lei c’è ancora, chissà dove. È ancora piccola e spaventata e piena di vergogna, e forse scrivo per tornare da lei, per cercare di dirle tutto ciò che ha bisogno di sentire”.
Aver subito una violenza è stata la molla che ha fatto prendere a Roxane Gay una decisione drastica – pericolosa e autolesionista -: mangiare tantissimo per diventare repellente, per respingere e, così, paradossalmente, difendersi. Lo racconta con un’autenticità disarmante in Fame. Storia del mio corpo  (Einaudi, Stile Libro Big, traduzione di Alessandra Montrucchio), un memoir duro che prende in esame il dramma personale – con quella violenza nascosta a tutti e con il sovrappeso, paradossalmente, che tutti vedono – e le resistenze di una società, quella contemporanea, che non ha ancora trovato il giusto modo di rapportarsi con l’obesità e con tutto ciò che ne deriva.
La stessa autrice sente addosso gli sguardi – pietosi, riprovevoli, disgustati – di chi ha attorno eppure, anziché reagire, si chiude ancora di più in se stessa e in quella relaziona malata con il cibo. Diete, ricoveri, palestre sono stati esperimenti puntualmente schiacciati da una volontà che va controcorrente: “(…) Mi prefiggo questi obiettivi e faccio dei tentativi poco convinti di realizzarli, ma tanto non li realizzo mai, ed entro in una spirale per cui mi sento una fallita incapace di migliorare, di dimagrire. Riservo a me stessa le illusioni e delusioni più sofisticate”.
Quello di Roxane è un circolo vizioso che la incatena a un eterno presente di sconfitte.
Prima dello stupro, a dodici anni, era una ragazzina con un rapporto sano con il cibo e con la vita in genere. Subito dopo Roxane ha iniziato a precipitare in una spirale di autodistruzione: se il peso è stato il segnale più lampante – oltre dieci chili in un mese fino ad arrivare a pesare duecentosessanta chilogrammi per un metro e novanta di altezz a-, dentro di sé la ragazza ha dovuto fare i conti con una feroce destabilizzazione. La scrittura, sua grande passione, le ha permesso di non annientarsi completamente. Per il resto, ha vissuto esperienze disparate: giornate trascorse online a chattare con sconosciuti, incontri al buio, estremo autolesionismo, incapacità a chiedere o accettare aiuto.
Dopo una prima parte autobiografica, Fame lascia spazio alla miopia e ai retaggi della quotidianità, alla gente pronta a puntare il dito e ad emarginare chi è sovrappeso invece di reiterare atteggiamenti di condanna.
Roxane Gay (Omaha, Nebraska, 1974) è una scrittrice, attivista e accademica tra le piú rilevanti del panorama attuale. Editorialista de «The New York Times» e «The Guardian» è autrice della raccolta di saggi Bad Feminist, del romanzo Untamed State e dei racconti Difficult Women. Fame, il suo ultimo saggio autobiografico, ha infiammato critica e pubblico, scalando da subito le classifiche americane.
Rossella Montemurro
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