venerdì, 26 Aprile 2024

Apt Basilicata, si apre la terza edizione di Fucina Madre

Dalla ceramica all’arte orafa, dal legno all’uncinetto, dall’arte digitale al recupero di antiche tradizioni manifatturiere. E’ un vero e proprio mosaico dell’eccellenza lucana quello che 44 artigiani, maker e designer, provenienti da ogni parte della Basilicata,...

L’altro giorno, facendo una ricerca, ho scoperto che nel 2018, in Italia ci sono state 167 morti per overdose.

Il killer è l’eroina.

È qualcosa di cui si parla poco, eppure per overdose in Italia sono morte quest’anno finora 167 persone, di un’età media di 38 anni, 138 uomini e 29 donne.

La sostanza colpevole nella maggior parte dei casi, 106, è l’eroina.

La mia esperienza di educatore mi fa dire che non sono molti i tossicodipendenti che ammettono di aver iniziato a drogarsi per paura o per semplice curiosità sapendo a quale pericolo andavano incontro.

Ricordo che un giorno a scuola parlando della droga, un alunno mi disse: “Professore, a casa mia non mancava niente. I miei hanno avviato un’attività che funziona moltissimo. Però non mi davano la prospettiva di finire dietro un bancone, a fare sorrisi a tutti anche a quelli che ti verrebbe voglia di prendere a schiaffi. Ho cominciato ad avere amici poco raccomandabili, quelli che i miei genitori mi dicevano di scansare. Sono stati loro ad iniziarmi allo spinello. Poi, per conto mio, sono passato alla droga pesante.

Vi confesserò, Professore, che ho paura.

Perché ogni buco potrebbe essere l’ultimo.”

Quando raccontai questa storia ai detenuti, uno di loro mi disse piangendo: “I piccoli furtarelli mi facevano sentire un eroe. Con i miei compagni facevo a gara a chi rubava più roba e quando vincevo io mi sentivo tosto. A 14 anni, con un amico più grande, ho rubato per la prima volta una macchina!

Mi sembrava di essere un dio! Avevo soldi in abbondanza. Ero libero dalla mia famiglia, libero di fare quello che volevo. Ora sono dietro le sbarre per i miei conti sbagliati”.

Avete mai riflettuto che la famiglia, la scuola, la società sono visti da molti giovani come gli ostacoli più pericolosi per la libertà.

Quello che prima era una fonte di sicurezza ed era accettato con gioia diventa realmente un limite.

È facile scambiare la libertà quello che è schiavitù.

Infatti si è schiavi quando si fa solamente quello che piace.

Si è schiavi quando si accetta solo quello che è più comodo.

Si è schiavi quando si sceglie la parte più facile.

Si è schiavi quando la parte più facile.

Si è schiavi quando si assecondano sempre i propri desideri e si soddisfano incondizionatamente i propri istinti.

Ecco perché il “sì” alla libertà comincia con il negare, con il rifiutare.

Vorrei concludere questa mia riflessione con le parole di Michel Quoist: “Puoi rimanere libero, perché la tua libertà di uomo non si trova a livello del tuo corpo, ma del tuo spirito. Se vuoi essere libero devi batterti contro te stesso, devi conquistare la tua libertà. Se dici: non è colpa mia; è il mio carattere; non poso farne a meno; ho torto ma non cederò; non mi riesce di impegnarmi, sogno sempre; è più forte di me; la penso così, perché lo dicono tutti; quello là non lo posso soffrire; non volevo farlo; ho resistito inutilmente ….

Non sei libero, ma schiavo.

Schiavo di te, del tuo passato, del tuo ambiente, delle cose.”

Nicola Incampo  

Responsabile della CEB per l’IRC e per la pastorale scolastica

Pubblicità

Pubblicità
Copy link
Powered by Social Snap