sabato, 27 Aprile 2024

Apt Basilicata, si apre la terza edizione di Fucina Madre

Dalla ceramica all’arte orafa, dal legno all’uncinetto, dall’arte digitale al recupero di antiche tradizioni manifatturiere. E’ un vero e proprio mosaico dell’eccellenza lucana quello che 44 artigiani, maker e designer, provenienti da ogni parte della Basilicata,...

 
“Io, ovviamente, delle due ero la secchiona che passava i compiti e lei quella che mi trascinava di peso alle feste, io ero quella che la riportava a casa in motorino quando si ubriacava e lei quella che mi prestava i vestiti carini per uscire, io ero quella che le reggeva la parte quando usciva con un ragazzo e lei quella che prendeva le mie difese ogni volta che qualcuno era scortese con me.

E anche se lei era quella che notavi subito, mora, alta, con due spalle da pallavolista e un bel seno e io quella diafana e fragile, che sembrava sempre in convalescenza dalla tubercolosi… eravamo una piccola squadra”.

Ci vediamo un giorno di questi (Garzanti), il nuovo romanzo di Federica Bosco, è un’emozionante storia nel cuore di un’amicizia femminile: un’amicizia indissolubile che attraversa momenti di crisi, lunghe battute d’arresto, parentesi di incertezza per rinsaldarsi – per sempre – in maniera coriacea.

Ludovica e Caterina, fin da piccole tanto unite quanto caratterialmente diverse: la prima – l’io narrante – ha una relazione spenta che si trascina senza entusiasmo, è metodica, con una precisione maniacale, attenta a non uscire fuori dai binari di una vita un po’ grigia proprio come il futuro che sembrerebbe attenderla.

Cate, invece, è solare, vulcanica, disordinata, vive alla giornata, vive nel caos; giovanissima ha un figlio ma non vuole svelare a nessuno il nome del padre, una scelta in linea con la sua personalità piena di sfumature. E’ facile intuire come l’energia e la gioia di vivere di Cate riescano a contagiare anche Ludo che però vive solo di luce riflessa, ancora incapace di lasciarsi andare. Ludo, imbrigliata nel suo lavoro in banca, nelle nuotate in piscina e in un fidanzato, Paolo, che all’improvviso prende posizione su quel legame d’amicizia così stretto fino a costringerla a evitare di vedere Cate – la prima di una serie di angherie.

Ci vediamo un giorno di questi ha una trama scritta sul filo delle emozioni, una storia che attinge a piene mani dall’attualità e nella quale l’amicizia è la base per parlare di violenza psicologica, amore, malattia.

Dopo un litigio burrascoso che sembra allontanarle in maniera definitiva e l’incubo sfiorato – per Ludo – di un matrimonio–prigione, nella relazione tra le due donne si abbatte l’incubo della leucemia: in una tempesta emotiva, con un crescendo di rivelazioni, colpi di scena e amori travolgenti, l’amicizia di Ludo e Cate diventa metafora della vita.

La Bosco, autrice da un milione di copie vendute, con uno stile semplice e diretto racconta i sentimenti con garbo e delicatezza.

 

 

Come è nata la trama del suo nuovo romanzo?

“Avevo bisogno di parlare di amicizia, di lasciare un tributo a questo sentimento così potente e a volte così dato per scontato e spesso messo in secondo piano rispetto all’amore, che invece spesso finisce.

Un mio vecchio amico è mancato l’estate scorsa, e se n’è andato senza dirmi niente. E’ una cosa che mi ha spezzato il cuore, mi ha fatto mettere in dubbio me stessa, mi ha fatto sentire un’amica e una persona orribile. Vorrei avere avuto la possibilità di salutarlo, ma lui ha scelto così. La malattia ti fa reagire in molti modi o forse semplicemente non aveva voglia di dirlo a me. 

La verità è che non lo saprò mai, e l’unica arma che avevo a disposizione, che è il privilegio che mi dà il mio mestiere, è stato riscrivere la storia con la fine che avrei voluto dargli e un monito importante: non lasciare passare un giorno nel rancore e nello stupido orgoglio perché potrebbe essere l’ultimo e convivere con un dolore così grande è devastante”.

 Per descrivere Ludo e Cate si è ispirata a figure femminili realmente esistenti?

“Sia Ludo che Cate sono parti di me, alcune che possiedo (principalmente Ludo, cauta, pianificatrice, e non molto elastica, amante dei suoi spazi ordinati e silenziosi) e altre che avrei voluto avere: la leggerezza di Cate, il suo modo di abbracciare la vita con fiducia e coraggio, la facilità di fare amicizie.

Poi nello sviluppo dei personaggi si crea un armonioso collage fra te e persone che hai visto, immaginato, o conosciuto.

E’ la magia della creazione che ogni volta mi sorprende”.

In un’epoca come la nostra in cui le amicizie sono essenzialmente virtuali e siamo tutti circondati da un opportunismo dilagante, un’amicizia forte, incondizionata, vera come quella che lei racconta in Ci vediamo un giorno di questi quante probabilità ha di ritrovarsi nella realtà?

 “Tutte noi abbiamo almeno un’amicizia vera, qualcuno che abbiamo conosciuto quando ancora non eravamo nessuno, non avevamo una personalità irrigidita dagli eventi e dalle esperienze negative ed eravamo quella ancora morbida argilla fatta di sogni e genuinità.

Le vere amiche sono quelle che si ricordano di com’eri a scuola, impacciata e goffa o ribelle e dark e ti amano per quello, e sono lì sia quando hai bisogno sia quando non hai bisogno. Che ti dicono in faccia quello che sai benissimo ma che non vorresti mai sentirti dire, che tifano per i tuoi successi e odiano chi odi tu a prescindere.

Il poter dire “sei la mia persona” come in Grey’s Anatomy è una conquista grandissima e non va mai sottovalutata. Va coltivata come una cosa preziosa, e unica. 

L’amicizia vera non ha niente a che vedere coi social e coi like, anzi la vera amica il like non te lo mette se disapprova una tua frase o una tua foto!”

Nel suo libro ha affrontato molte tematiche – il valore dell’amicizia, la violenza psicologica, la maternità, la malattia. Quanto c’è di Federica Bosco nelle pagine di Ci vediamo un giorno di questi?

“Al solito in ogni storia c’è molto di me anche se non tutte le esperienze sono successe direttamente a me. Credo che il proprio impegno di scrittore, come di un attore, è di fare proprie le emozioni e le esperienze dei propri personaggi: vivere dolori e gioie attraverso di loro, e filtrarle attraverso il proprio vissuto e il proprio cuore. 

Non hai altra scelta se non quella di sporcarti le mani rimestando nel dolore del tuo passato senza lasciarlo mai sedimentare, ma togliendo i punti e rinnovandolo continuamente alla luce di quello che la vita decide di servirti.

E sono molto d’accordo sull’idea che uno scrittore deve soffrire per esprimersi al meglio. Ma è vero che sono sempre stata un po’ malinconica e crepuscolare.

Io so, conoscendomi, come reagirei o non reagirei se fossi vittima di abusi psicologici, e se dovessi affrontare una malattia o quella di qualcuno vicino a me, e nel momento esatto in cui il personaggio si racconta sta succedendo a me, e soffro fisicamente ed emotivamente con lui, vivo con lui, piango con lui, lotto con lui e per lui.

Ma è inutile dire che loro (i personaggi) sono spesso indubbiamente più coraggiosi di noi che li creiamo.

Perché una volta che la loro identità è tracciata, vivono di vita propria e tu non puoi farci più niente se non sorprenderti. 

 Con la maggior parte dei suoi romanzi precedenti aveva abituato il lettore all’ironia, alla spensieratezza. Ci vediamo un giorno di questi, invece, fa riflettere e commuove. Possiamo parlare di una svolta in un certo senso intimista di Federica Bosco?

“Sono solo cresciuta! (O forse dovrei dire “invecchiata!”)

Ma anche questo è un romanzo molto ironico, solo che il cuore è un altro, è la crescita, la vita, le scelte che facciamo e sono argomenti che necessitano un’attenzione diversa, più concentrazione e meno senso dell’umorismo che altrimenti suonerebbe fuori luogo”.
Rossella Montemurro
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