giovedì, 25 Aprile 2024

L’uroboro simboleggia il serpente che addenta la propria coda, formando un cerchio senza inizio e senza fine. È l’eterno ritorno, la ciclicità, un mutamento continuo in cui è racchiuso il tutto. Uroboro. Viaggio eterno nelle crepe dell’anima (Piemme) è il titolo del nuovo libro di Valentina Dallari. Bolognese, classe ’93, si era già messa a nudo tre anni fa in Non mi sono mai piaciuta (Piemme) un libro confessione in cui tutta la sua parte in ombra, i suoi demoni venivano fuori: era arrivata a pesare 37 chili, a non voler più sentire, né vedere, né vivere (proprio lei, che sembrava la protagonista di una fiaba,  aveva partecipato come tronista a “Uomini e donne”, era stata una modella per poi scivolare nel tunnel dell’anoressia e della droga) fin quando riuscì a smettere di autodistruggersi.

Uroboro ha i contorni di una lunga e dolorosa autoanalisi, spesso spietata, senza sconti né indulgenza di alcun tipo: “Il dolore, la rabbia, la paura, trovano sempre nuove forme per ripresentarsi. E questo non significa che la vita sia solo sofferenza, o che mai nulla si evolva. Mutano, semplicemente, insieme a noi. Insieme alla nostra evoluzione o involuzione. Si adattano alla nostra forza interiore, permettendoci di viaggiarci accanto e di portarli, coraggiosamente, insieme a noi”.

Introversa e incompresa, sensibile, Valentina è attratta dagli estremi: “La verità è che nessuno mi conosce per davvero. Nemmeno io probabilmente. E, come ogni cosa che mi riguarda, riesco a trasformarla in ambivalenza. Mi amo tanto quanto mi odio. Mi sono arresa quando ho deciso di essere me stessa. Forse, senza la solitudine, sarei come tutti gli altri. Forse, senza la solitudine, non saprei bruciare. Si nasce e si muore da soli. E forse, in un certo senso, io sono nata già pronta”.

Valentina non ha dubbi, i nostri demoni possono solo essere domati, mai uccisi. E visto che per sconfiggere un nemico bisogna conoscerlo, lei non esita ad affrontarlo guardandosi dentro e buttando fuori tutto ciò che l’ha fatta star male o che, anche indirettamente, l’ha fatta soffrire: il senso di inadeguatezza, l’autolesionismo, il rapporto contrastato con il piacere ma anche l’amore, la bellezza e il giudizio degli altri…

“(…) a me, sbagliare piaceva un sacco. Non mi scalfiva mai. Non avevo paura di niente. Ma è sempre così quando hai 18 anni. Ricordo quando decisi di provare, incastrandolo a ogni costo dentro a qualcosa di incompatibile. Portai secchi d’acqua in una casa dominata dall’istinto, dalla rabbia, in una casa di fuoco.

Sentii subito un brivido di piacere. Mi sentii fiera di essere riuscita a perfezionarmi. A darmi disciplina. Non ci pensai troppo, agii impulsivamente. Le cambiai nome e l’etichettai come “crescita”. In fondo, fra tutte le soluzioni, controllare mi sembrò quella più efficace. Quella che avrebbe scelto mamma. Quella degli adulti. Quella che avrebbe portato via tutta la paura di fallire.”

Senso di colpa, vergogna per un passato ingombrante dal quale si vuole il più possibile fuggire e piombare, invece, in un’altra ossessione – il controllo sul corpo tramite la privazione di cibo.

“Non sono mai sopravvissuta a nessuna delle mie morti. Ne ho contate tredici, disegnate orgogliosamente sul centro del mio petto. Credo che, a un certo punto, morire smetta di fare male. Il dolore si concentra dentro un unico pugno nello stomaco. Un colpo deciso e nulla di più. Saluto continuamente, tramite piccole esplosioni interne, parti di me. Mi evolvo così velocemente da non fermarmi mai.”

La fragilità diventa forza, Valentina si riscatta. Sarà una tregua momentanea o una pace duratura?

L’autrice coltiva da sempre la passione per la musica. Nel gennaio del 2018 ha confessato di avere iniziato le cure per combattere l’anoressia, supportata dal fidanzato e dalla famiglia. Dopo aver vinto la sua battaglia apre un blog (In her shoes) dedicato all’argomento. È una affermata dj.

Rossella Montemurro

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