giovedì, 28 Marzo 2024

“Stadio, droga, risse: noi ne uscivamo sempre indenni. Eravamo dei privilegiati. Protetti da una speciale immunità, acquisita dalla nascita, che ci avrebbe condotto verso il successo a cui eravamo destinati.”

Pariolini, di buona famiglia, tutti destinati a diventare qualcuno. Ma, nel tempo libero, si lanciano in azioni degne di un’Arancia Meccanica trasposta nel terzo millennio.

Le loro gesta sono esaltate da una scrittura incisiva, nervosa, aggressiva, brutale. Proprio come ciò che descrive, scene spietate di improvvisati giustizieri del male. E di male, di malvagità e crudeltà gratuite ce ne sono davvero tanti in Noi felici pochi (Mondadori), l’esordio folgorante di Patrizio Bati – lo pseudonimo tratto dal nome del protagonista di American Psycho Patrick Bateman, sotto il quale si cela (forse… le note sono quelle dell’ufficio stampa Mondadori. E se fosse una donna?) un avvocato romano sposato e con una figlia di otto anni.

“Tutte le persone di cui si parla nelle scene di violenza descritte in queste pagine sono state realmente aggredite e malmenate”, avverte l’autore che è anche l’io narrante. Una notte, bordo di un’auto con altri amici, tutti rigorosamente strafatti, finiscono fuori strada dopo che Andrea, l’ennesima volta che spegne i fari della macchina, ne perde il controllo precipitando in un dirupo. Sono malconci ma vivi, solo Costanza sembra essere messa peggio, perde sangue e ha bisogno urgente di cure. I cellulari non prendono, nella zona non ci sono abitazioni, sembra completamente isolata. Nell’attesa di qualcuno che possa aiutarli, Bati ripercorre con lucidità e con un certo orgoglio episodi di pestaggi, risse e violenze: loro, insospettabili, quando decidono di colpire persone indifese, scelta a caso, lasciano sangue, dolore e incredulità. Non hanno motivi né giustificazioni. È la convinzione di rimanere impuniti: “Ero stato cresciuto nell’idea che veder soddisfatto ogni mio desiderio fosse un diritto da esercitare entro il minor tempo possibile dalla manifestazione di esso”.

Il nichilismo, i soldi, la droga sono il credo di Patrizio, Angelo e Andrea che, dismessi i panni dei bravi ragazzi – sono figli modello di magistrati, professori e medici –si trasformano senza tanti scrupoli in teppisti, fascisti e psicopatici. O forse è il contrario: si trasformano in ragazzi modello dopo aver sfogato le proprie pulsioni malate.

Noi felici pochi è travolgente, dirompente, disturbante. Rompe gli schemi, travalica i pregiudizi, narra di un mondo dai valori capovolti, di una generazione border line apparentemente appagata ma che in realtà cerca emozioni forti in situazioni estreme e pericolose.

Lo stile dell’autore è diretto e graffiante, coinvolgente tanto da prendere il lettore per mano e accompagnarlo in una lenta e torbida discesa all’inferno. Senza ritorno.

Un ultimo, unico dettaglio in più sul misterioso Bati: nel suo studio ha un’asta di bandiera, un bonsai di ficus benjamin e una collezione di foto segnaletiche di detenuti americani anni Cinquanta. Sul suo profilo facebook, invece, solo foto di gente all’interno di ascensori.
Rossella Montemurro
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