venerdì, 29 Marzo 2024

La Medea che andrà in scena a Matera il prossimo 29 Agosto presso la Cava del Sole alle 20,30, non è una maga, una fattucchiera. Tanto meno un’infanticida. Va oltre Euripide. Anzi, per certi aspetti rifiuta l’impianto del drammaturgo greco e restituisce al pubblico una donna dilaniata, lacerata, devastata nel suo matrimonio che grida la sua innocenza con una verità totalmente diversa da quella nota fino ai nostri giorni. Questa Medea è ritratta nella sua intimità nell’ultima notte a Corinto prima dell’esilio e sceglie attraverso le scene del suo matrimonio con Giasone di urlare l’ipocrisia della società del tempo, in tutto uguale alla nostra, fondata su un crimine e sostenuta dall’ipocrisia. Il tragico scontro fra quel mondo selvaggio, arcaico e istintuale della Colchide alla quale appartiene e quello raziocinante, virtuoso ed elegante dei greci, in questa scrittura non trova alcuna soluzione. Questo lavoro di Eppe Argentino Mileto rappresenta una totale reinterpretazione della tragedia nota sin qui, la stravolge poiché non ha alcuna ambizione di condannare o assolvere, non giudica, non processa, ma ha il coraggio del dubbio. E se Medea avesse ragione? Se non avesse ucciso nessuno? Soprattutto, se quella scelta da Euripide fosse stata una pura cosmesi di Stato per favorire quella società greca a fronte di quella giudicata barbara? In un perverso intreccio di amore, tradimenti, gelosie e invidie, restituisce alle donne la dignità della verità, si avvale della tecnica della testimonianza per alzare il velario di millenni di menzogne attorno ad una donna che da troppo tempo attende giustizia. “Medea ultima notte”, in tutto diversa dalle centinaia di versioni circolate nei secoli, aderisce in parte alla interpretazione di Christa Wolf, ma lascia nel dubbio lo spettatore. Lo affonda nella non certezza. Lo scaglia nel vuoto della colpa, lo annega nella sua ipocrisia poiché non esclude nulla e include tutto. Ma ciò che rende l’interpretazione unica è che sottrae questa eroina all’idolo della Necessità, ad una Corinto che assomiglia sempre più ad un falansterio di Fourier, stravolge ogni schema: è il trionfo delle inconciliabili contraddizioni con le esigenze più profondamente sentite dall’uomo antico, moderno e contemporaneo. Nel vago, nell’etereo di questa affascinante “Medea ultima notte”, scopriamo un alito nuovo, sconosciuto ad ogni versione di questa eroina fin qui circolata. A cominciare dall’interprete di Medea: lo stesso autore. Poiché soltanto un uomo può raccontare una donna.

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