venerdì, 3 Maggio 2024


Sentirsi dire “cani morti” equivale ad aver ricevuto un complimento. “Muori”, in confronto alle altre, è un’esortazione consolante. Il linguaggio da caserma, in effetti, è di per sé crudo, molto spesso offensivo. 
E quello delle caserme è davvero un mondo a parte rispetto al “civile”: ci sono le marce interminabili fatte sotto qualsiasi condizione meteo, c’è la divisa che si attacca al corpo per il sudore e lacera la pelle, c’è l’ansia snervante del contrappello, ci sono i superiori che urlano e puniscono, c’è sempre troppo poco tempo per mangiare, ciò che è oltre le recinzioni sembra distante e rarefatto, ciò che eravamo prima è un miraggio. Perché diventiamo militari, pronti solo a obbedire. E a subire.
È ispirato a una storia vera ed è scritto con un’autenticità disarmante Libera uscita (Rizzoli), il romanzo d’esordio di Debora Omassi. Barbara Gasser, l’io narrante, è una bella ragazza, lavora saltuariamente come modella per servizi fotografici, è fidanzata con Claudio, ha una famiglia unita alle spalle. Eppure sta vivendo una crisi d’identità, a 24 anni, in un corpo da favola lei si sente (forse) un maschio.
Il concorso nell’Esercito le sembra l’unico modo per darsi una risposta, per cercare di arginare una confusione che la sta pervadendo impedendole di vivere serenamente.
“Su internet ho cercato un modo per spiegare quella nuova sensazione. Un termine, una definizione scientifica in cui rannicchiarmi, sentirmi al sicuro. Una divisa resistente agli urti, agli sguardi cattivi, al mondo esterno. Omosessuale, lesbica, lgbt, transgender, come se non sapessi cosa volevano dire.  Li ho cercati comunque”. 
E ancora: “Penso che, probabilmente, me ne sono accorta per davvero grazie alla letteratura, alla musica. Un giorno stavo leggendo un romanzo e, fermandomi a riflettere, ho capito che i personaggi con cui m’immedesimavo ogni volta erano quelli maschili. Nel corso degli anni sono stata un marito infedele, un ragazzino confuso che si chiede dove siano andate a finire le anatre, un veterano a letto, affetto da tubercolosi, un broker newyorkese, un giardiniere, un pensionato, un atleta, un ricco, un divo, un reporter, un soldato… e, ancora, sono stata Jerry Lee Lewis, Hank Williams e Johnny Cash sul palco, davanti a una platea, mentre battevo il tacco destro, sinistro o quel che fosse”. 
Barbara passa le prove selettive e, nonostante le perplessità dei genitori e di Claudio, si ritrova a indossare la divisa dell’Esercito.
“Un soldato è forte, coraggioso, cazzuto, un soldato non guarda in faccia nessuno, un soldato ha la propria arma, e una bandoliera piena zeppa di vittorie. Un soldato non deve spogliarsi nudo davanti una macchina fotografica, non deve consolare delle ragazze, farci amicizia, prestarci attenzione, non deve difendersi dalla gelosia, dagli sguardi cattivi, dal mondo opprimente. Forse, pensavo, la divisa avrebbe rinchiuso nella gabbia tutto questo, forse, indossandola, sarei finalmente diventata forte, insensibile, un guerriero”.
Alle pagine che descrivono in maniera precisa e puntuale l’atmosfera della caserma, si alternano tuffi nel passato e flashforward, un prima e un dopo che danno senso all’ “ora”. Barbara comincia ad avere dubbi sulla vita militare che alle donne non solo non fa sconti ma si rivela particolarmente dura. Inizia ad avere problemi, dorme male, ha gli incubi, la sua salute diventa sempre più fragile quasi che il suo corpo volesse amplificare un disagio interiore. I superiori sono insensibili – tranne qualche atteggiamento sporadico di rara umanità in quegli ambienti -, anche le donne si uniformano senza troppo problemi, solo con alcuni commilitoni – Luna e Salvatore su tutti – c’è un legame sincero.
Barbara arriverà a un bivio, complice un colpo basso sferrato alle sue spalle – qualcuno ha fatto circolare in rete alcune sue foto. Rimanere o andarsene? Lei arriverà anche a pensare: “Non è per questo Paese che voglio combattere. Non è per questo Paese che voglio morire. Non è qui che voglio stare. Ma fuori, a combattere per la mia vita, fuori dove la gente è reale, si muove, si veste, parla senza timore, senza paura di essere sorpresa, sgridata, ficcata dentro”. Libera uscita è un libro carico di significati e le pagine che parlano della vita in caserma sono senza dubbio le più intense. L’autrice è riuscita a trovare uno stile che, nella sua semplicità e spontaneità, trasmette al lettore ciò che davvero Barbara sta provando.
Debora Omassi è nata a Brescia nel 1993. Vive a Milano, dove lavora come libraia. Ha esordito nel 2015 sulla rivista «Nuovi Argomenti» e ha pubblicato la raccolta di racconti Fuori si gela (2016).

Rossella Montemurro

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