sabato, 20 Aprile 2024

“La separazione da mio marito è stata una liberazione, un atto di autostima e forse di coraggio.

La separazione è stata una catastrofe emotiva, una bancarotta fraudolenta dei miei principi, il naufragio dei buoni propositi, la disfatta del senso dell’amore, il funerale a tutto quello che ti raccontano da bambina sul «per sempre» come fosse l’unica vera ambizione dell’essere umano.

Avevo a lungo sospettato che il “per sempre” non esistesse, un po’ come quando avevo scoperto che gli elfi non li avrei mai visti in carne e ossa. Non ero delusa per aver smascherato l’eterno amore.

Ero atterrita invece dal senso di colpa per averlo identificato, spogliato, denudato, esponendolo al consunto aspetto tisico dell’affetto coniugale semi paralizzato dall’erosione del tempo e della quotidianità.

Erano passate due gravidanze senza nessun sospetto di stanchezza. E poi la delusione, la noia, il “ma tu chi sei?”. La noia aveva assunto il volto del rancore, allontanandoci fino a renderci estranei, quasi nemici. Il risentimento reciproco sfogava in parole pulsanti di accuse, negava qualsiasi sintomo di comprensione. Il desiderio di guardarsi era scomparso. Prevaleva la diffidenza e una bruciante mancanza di stima, di rispetto, di considerazione”.

L’equazione della colpa (Mondadori) di Arianna Lombardelli non è una lettura semplice. La complessità emotiva della trama ritorna, con prepotenza, in ogni pagina quasi a sottolineare la necessità di darle un peso, un senso, un valore ulteriore rispetto a quello che le è già intrinseco.

Impossibile banalizzare o rendere leggera una storia che è inevitabilmente lo specchio di migliaia di storie, con un carico interiore non indifferente.

Anna, l’io narrante, moglie e madre, a un tratto implode e, “per guarire dall’insana voglia di scappare senza lasciare traccia”, inizia alcune sedute da uno psicologo. Pur con difficoltà, riaffiora la sua vita: lei ha sempre tenuto insieme le fila della famiglia a scapito di sé stessa, di ciò che davvero avrebbe voluto, della sua realizzazione personale.

È cresciuta a Bari, si è trasferita a Roma dove si è laureata in Matematica, si è sposata con Alessandro, ha avuto due figli, Giacomo e Sole. È stata figlia, sorella, poi moglie, e madre: attenta a rispondere alle aspettative che quei ruoli implicavano, con la sensazione di non aver mai inciso la scorza della realtà per assaporarla davvero, per capire che gusto ci sentiva lei.

La crisi del suo matrimonio la costringe a guardarsi dentro, ed è un passaggio complicato, doloroso ma inevitabile. Anna scava, malgrado le faccia male e sia in stridente conflitto con le regole della matematica: “Avevo sempre pensato che trovare la risposta a ogni domanda fosse la soluzione per decifrare ogni difficoltà, ogni incognita. Era stato questo il motivo che mi aveva portato a scegliere la facoltà di matematica. Ricondurre l’esistenza umana alle stringenti regole algebriche significava, per me, restituire un ordine a tutte le cose. Niente nella nostra famiglia seguiva più le regole di un’espressione matematica. Io volevo sapere chi di noi era la x, chi la y, chi doveva essere uguale o equivalente all’altro e se c’era effettivamente un’eguaglianza, un’equivalenza, o se mi ero sbagliata nell’interpretare l’equazione. Eravamo ancora una relazione di eguaglianza? Era ancora una relazione, il nostro matrimonio? Il mio era un desiderio elementare, naturale, obbligatorio. Non avevo dimenticato che l’equazione è una relazione di un’uguaglianza che traduce un problema. Il nostro problema era la colpa, elemento variabile nel nostro insieme. (…)”

Alessandro è un uomo irrisolto – ancora troppo figlio, fagocitato da una madre ingombrante che, cercando di proteggerlo dal mondo, lo ha sostanzialmente reso incapace di affrontare la vita: non è un buon marito, è un padre assente – la cui figura e il suo ruolo si sgretolano nel momento in cui Anna diventa consapevole di quanto lui e il loro rapporto siano stati rovinati dalle ingerenze della suocera. Anna, sposandosi, ha accettato compromessi barattando la propria serenità – il trasferimento, la lontananza dalla famiglia d’origine, il lavoro in un call center come ripiego – con l’idea di un “noi” che non ha mai preso davvero forma o, se l’ha fatto, è rimasto sbilanciato.

Scavare dentro di sé, risolvere l’equazione della colpa è l’obiettivo di Anna: ci arriverà con dolore, mettendosi in discussione, dissezionando la sua vita.

Intenso, profondo, introspettivo: bello, per quanto duro, L’equazione della colpa e brava, davvero, la Lombardelli, nella sua autopsia spietata di un matrimonio.

Arianna Lombardelli è nata a Bolzano nel 1970. Nel 2016 ha pubblicato il romanzo Non ti somiglio con la casa editrice Aliberti. Vive a Roma e lavora come consulente informatica nel settore dei trasporti nazionali. 

Rossella Montemurro

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