domenica, 9 Febbraio 2025

Little boy (edizioni Clichy, traduzione di Giada Diano) di Lawrence Ferlinghetti è uno dei libri più attesi degli ultimi anni. Annunciato già da tempo, avvolto nel più fitto mistero, si candida a diventare una delle pietre miliari della letteratura americana considerato anche lo spessore dell’autore, tra i padri della Beat Generation. Adottato dalla prestigiosa Doubleday, uno dei marchi editoriali Penguin-Random House, che lo ha fatto uscire lo scorso 29 marzo in occasione del centesimo compleanno dell’autore, è un memoir ma anche molto più di questo. I critici lo hanno definito «qualcosa di mai visto prima». Un’autobiografia-romanzo di stampo quasi joyciano, uno scritto visionario, filosofico, poetico, a cui Ferlinghetti, il vecchio e infinito poeta americano, il testimone più eccelso della Beat Generation, della Summer of Love e della rivoluzione hippy, ha lavorato per quasi tutta la vita. Il suo «romanzo d’addio» dopo tante esitazioni e numerose riscritture. L’edizione italiana, tradotta dalla fedele collaboratrice dell’autore, si propone come uno degli eventi editoriali più importanti dell’anno anche nel nostro Paese.

Lawrence Ferlinghetti è nato a New York il 24 marzo 1919. Poeta, saggista, romanziere, editore, ha fondato a San Francisco la libreria-editrice City Lights, che ancora oggi dirige e che ha donato al mondo le opere di Jack Kerouac, Allen Ginsberg, Gregory Corso, Bob Kaufman, William Burroughs. Tra le sue opere più note anche in Italia: A Coney Island of the Mind, Americus, Il senso segreto delle cose, Strade sterrate per posti sperduti.
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