sabato, 27 Aprile 2024

Apt Basilicata, si apre la terza edizione di Fucina Madre

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Pubblichiamo un editoriale, a cura dell’Ufficio Comunicazioni Sociali della Diocesi di Matera-Irsina, sulla visita di Papa Giovanni Paolo II in Basilicata:

La storia delle Visite pastorali del Papa in Basilicata è la storia di un particolare legame, iniziato in maniera imprevista con il terremoto dell’80 che colpì l’Irpinia e gran parte del territorio lucano.

Giovanni Paolo II giunse in questa terra martoriata prima ancora che giungessero i soccorsi. Le strade non erano percorribili e lo stesso papa dovette percorrere a piedi, tra le macerie, i tornanti che salivano verso il paese di Balvano. Era il luogo dove si era consumato l’evento più doloroso, almeno per la Chiesa: il crollo della chiesa parrocchiale, abbattutosi sulla fila dei banchi dove sedevano i fedeli, molti dei quali purtroppo giovanissimi, facendo una strage.

Giovanni Paolo, accolto dal parroco del posto con la tonaca ancora impolverata dai calcinacci, non poté fare altro che salire sul banco di una scuola che, nel terremoto, era finito nella piazza. La sua figura su quel banco ha lasciato un ricordo indelebile, come la presenza di Cristo che emerge dalla morte.

Al ritorno in Basilicata nell’aprile del 1991 Giovanni Paolo II dirà “eccomi di nuovo tra voi” come a voler sottolineare il desiderio di un ritorno. Tutta la Visita del papa in Lucania fu animata da questo desiderio. Era per il papa il ritorno in una terra ricca di storia che porta i segni, come disse, della sapienza della Magna Grecia e del diritto dell’antica Roma, ma soprattutto la testimonianza vivificante del messaggio evangelico.

“I Sassi” disse il papa, “richiamano alla mente le avventure di popolazioni scacciate dalla loro patria, per motivi religiosi o politici, e qui approdati trovandovi rifugio e accoglienza”. Chi conosce il suo magistero sa bene quanto sia centrale in Giovanni Paolo II tutto questo; “noi siamo senza patria” diceva. E paradossalmente in questo essere senza patria c’era passato anche il successore di Pietro quando doveva trovare accoglienza a Matera, esattamente nove secoli prima di quella visita del papa polacco e proprio nella persona di Urbano II che era stato vescovo nella diocesi materana, un papa “senza patria” per la contrastata sua legittima elezione al soglio pontificio.

A Matera, Giovanni Paolo II, che aveva consegnato totalmente la sua vita alla Madre di Dio – “totus tuus” era il suo motto – consegnava la città stessa a Maria: “in lei troverai rifugio nell’ora della prova e della stanchezza; in lei sentirai il sostegno di una madre nei giorni della fatica e del dubbio. Accogli come Madre la Madonna della Bruna”.

Poi il papa volle pranzare con 130 anziani della Residenza Brancaccio, antica istituzione di accoglienza della Chiesa materana, un luogo – come disse – dove “offrire a persone bisognose di affetto il calore di una nuova famiglia”. E dove volle ricordare le parole di san Paolo quando dice che l’uomo esteriore invecchia ma quello interiore ringiovanisce. Per questo e per il fatto che Dio ha voluto l’uomo per l’eternità, disse: “continuate ad amare la vita perché essa è dono di Dio”.

Altro momento significativo fu quello con il mondo del lavoro in Val Basento davanti al quale, diceva il papa, la Chiesa non può restare indifferente. Giovanni Paolo II volle ricordare anche le difficoltà dei lavoratori, particolarmente di quelli del Mezzogiorno italiano dove spesso “le ombre sembrano avere il sopravvento sulle luci”. E tra le tante ombre citava “non ultima, la minaccia attuale e potenziale all’habitat ecologico”. In tutto questo, il papa vedeva come con il progresso scientifico e tecnologico “che salvaguardi la qualità dell’ambiente e della vita, si possono raggiungere risultati sempre più incoraggianti”.

Giovanni Paolo II andò, nel giorno successivo, a Potenza. L’incontro si svolgeva nel contesto del Sinodo diocesano, col quale si voleva rispondere alla domanda “Che fare perché il Vangelo raggiunga il cuore dell’uomo di oggi e animi il vissuto quotidiano delle persone, delle famiglie, delle comunità?”

“Non avete avuto paura” disse il papa a proposito del tema proposto dal sinodo potentino, “di raccogliere le numerose sfide che la rapida evoluzione della società pone oggi al Cristianesimo”. Si tratta di una sfida cui per Giovanni Paolo II si deve rispondere per “radicare in maniera solida il Vangelo nella vita, nella cultura e nelle strutture”.

Nella Piana di Tito si tenne la celebrazione eucaristica “per ifedeli dell’intera Basilcata”. Al termine dell’omelia, Giovanni Paolo II si rivolse a tutti con queste parole: “Tu, Chiesa della Lucania, terra di luce, cammina unita verso la perfezione dell’Amore. Osserva la parole del Risorto! Il tuo cuore arderà di speranza in ogni passo del tuo quotidiano cammino. La Croce sarà per te fonte inesauribile di sincera conversione, di gioia e di fraternità, di comunione nello Spirito e di Santità”.

Nella Cattedrale di Potenza Giovanni Paolo II incontrò le religiose presenti nella regione per poi essere presente alla cerimonia di inaugurazione del nuovo seminario.

Nel corso della Visita nella città di Potenza, oltre al Consiglio Nazionale delle Ricerche, incontrò l’Università della Basilicata, nel primo decennale della sua istituzione. Concludendo l’incontro, il papa disse: “Prima di congedarmi vorrei sottolineare la mia grande gioia e la mia riconoscenza. È veramente una circostanza provvidenziale che possiamo incontrarci durante il periodo pasquale. Io sono tanto lieto che questo mistero della Risurrezione trovi qui una sua realizzazione storica perché è esso destinato alla nostra storia. Sono molto lieto che il mistero pasquale trovi una sua realizzazione in un fenomeno tanto significativo. Quando sono arrivato qui, nel novembre del 1980, ho trovato quasi la morte, il mistero della Passione. Oggi troviamo i segni della Risurrezione”.

Forse però l’incontro più atteso nell’intera Visita in Basilicata del 1991 fu quello con i giovani allo stadio Viviani. “Volete essere semi vivi di speranza” disse Giovanni Paolo II rivolgendosi ai giovani. “Se in voi abita la fame di infinito, ed io sono certo che vi abita, solo Gesù può soddisfare sino in fondo questa vostra fame; solo su di lui sarà possibile costruire una nuova civiltà, civiltà più umana, più fraterna, civiltà della giustizia, della pace, civiltà dell’Amore che noi tutti desideriamo”. Disse che incontrare Cristo, scoprire il Vangelo, è “un’avventura meravigliosa”. Se Cristo “vive in voi” diceva il papa ai giovani, sarete “degli uomini nuovi, degli uomini coraggiosi e intrepidi, umili sì, ma generosi, coraggiosi”. Disse anche. “non c’è un uomo che non abbia una missione, una vocazione da Dio, un compito per tutta la sua vita”. Furono parole che i giovani presero sul serio e che generarono indubbiamente un risveglio religioso. In quella occasione prese la parola un giovane, Rocco Pennacchio, che terminò il suo intervento con queste parole: “siamo pronti a pagare di persona per gettare un seme di speranza in questa regione tante volte dimenticata”. Quel giovane scoprì proprio in quella circostanza la sua vocazione sacerdotale. Oggi Mons. Pennacchio è Arcivescovo metropolita di Fermo.

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