martedì, 14 Maggio 2024

Un giorno entrai in una classe e scrissi alla lavagna: “Egoista”, invitando i ragazzi a spiegare il termine.

Potete immaginare le risposte: “Chi pensa solo a sé”, “Chi non si vuole bene”, “Chi non vuole bene a nessuno”, “Chi ama solo a se stesso”, “Chi non ama il prossimo”…

Dopo aver ascoltato le loro risposte raccontai loro una favola, la favola di “Cipollina” che il grande scrittore Fëdor Dostoevskij racconta nel bellissimo romanzo “I Fratelli Karamazov”,  all’interno del capitolo Grusenka – favola che le raccontava sempre la sua Matrena quando era bambina.

Fëdor Dostoevskij è considerato, insieme a Tolstoj, uno dei più grandi romanzieri e pensatori russi.

Fëdor, secondo di sette figli, nasce a Mosca nel 1821 da Michail Andreevič Dostoevskij, un medico militare russo, figlio di un arciprete ortodosso discendente da una nobile famiglia lituana, dal carattere stravagante e dispotico che alleva il ragazzo in un clima autoritario. La madre, Marija Fëdorovna Nečaeva, proveniva da una famiglia di ricchi e prosperi commercianti russi; dal carattere allegro e semplice, amava la musica ed era molto religiosa. 

Il 23 aprile 1849 viene arrestato per partecipazione a società segreta con scopi sovversivi e imprigionato nella fortezza di Pietro e Paolo.

Il 16 novembre dello stesso anno, insieme ad altri venti imputati viene condannato alla pena capitale tramite fucilazione, ma incredibilmente il 19 dicembre lo zar Nicola I commuta la condanna a morte in lavori forzati a tempo indeterminato.

La revoca della pena capitale, già decisa da giorni, viene comunicata allo scrittore solo quando è già sul patibolo. L’avvenimento lo segnerà molto, come ci testimoniano le riflessioni sulla pena di morte. 

La favola è la seguente: “C’era una volta una donna cattiva cattiva che morì, senza lasciarsi dietro nemmeno un’azione virtuosa. I diavoli l’afferrarono e la gettarono in un lago di fuoco. Ma il suo angelo custode era là e pensava: «Di quale sua azione virtuosa mi posso ricordare per dirla a Dio? Se ne ricordò una e disse a Dio: ha sradicato una cipolla nell’orto e l’ha data a una mendicante».

E Dio gli rispose: «Prendi dunque quella stessa cipolla, tendila a lei nel lago, che vi si aggrappi e la tenga stretta, e se tu la tirerai fuori del lago, vada in paradiso; se invece la cipolla si strapperà, la donna rimanga dov’è ora».

L’angelo corse dalla donna, le tese la cipolla: «Su, donna, le disse, attaccati e tieni». E si mise a tirarla cautamente, e l’aveva già quasi tirata fuori, ma gli altri peccatori che erano nel lago, quando videro che la traevano fuori, cominciarono ad aggrapparsi tutti a lei, per essere anch’essi tirati fuori. Ma la donna era cattiva cattiva e si mise a sparar calci contro di loro, dicendo: «È me che si tira e non voi, la cipolla è mia e non vostra». Appena ebbe detto questo, la cipolla si strappò. E la donna cadde nel lago e brucia ancora.

E l’angelo si mise a piangere e si allontanò.”

E feci leggere a tutta la classe un versetto del Vangelo di san Giovanni: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri”  (Gv 13,35). 

Nicola Incampo

Responsabile della CEB per l’IRC e per la pastorale scolastica

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