La squadra dei Vigili del Fuoco del distaccamento di Tinchi (MT) è intervenuta alle ore 15:00 circa di oggi sulla SP 18, strada che collega Pisticci a San Basilio per un incidente stradale che ha coinvolto una sola vettura. Si tratta di una Peugeot 206 di colore...
Oggi vorrei fare una riflessione sul “Cantico dei Cantici”.
Il Cantico dei cantici o semplicemente Cantico è un libro contenuto sia nella Bibbia ebraica che nella Bibbia cristiana.
Il nome del libro, con la ripetizione della parola “cantico”, secondo il modo di costruire le frasi della lingua ebraica, è da considerarsi come un superlativo e andrebbe reso come “il più sublime tra i cantici”.
Attribuito al re Salomone, celebre per la sua saggezza, per i suoi canti e anche per i suoi amori, il Cantico dei cantici fu composto non prima del IV secolo a.C. ed è uno degli ultimi testi accolti nel canone della Bibbia, circa un secolo dopo la nascita di Cristo.
È composto da otto capitoli contenenti poemi d’amore in forma dialogica tra un uomo (Salomone) e una donna (Sulammita).
“Il mondo intero non vale il giorno in cui Israele ricevette il Cantico dei Cantici: tutte le Scritture sono sacre, ma il Cantico dei Cantici è la più sacra di tutte.”
Questa straordinaria definizione è stata detta da Rabbi Aqiba.
Rabbi Aqiba, apprezzato studioso ebreo del tempo, dimostrò in modo persuasivo che il Cantico dei Cantici era scrittura divina e che, anzi, questo capolavoro rappresentava il punto più alto delle scritture ebree.
Di Rabbi Aqiba si racconta per esempio che a differenza della gran parte dei maestri, Rabbi Akivà non iniziò a studiare da piccolo, ma solo a quarant’anni, colpito d’improvviso dalla necessità di conoscere le leggi della Torà.
Per gli ebrei di quel periodo il Cantico era una raccolta di poemi sulla santità dell’amore e sull’amore di Dio verso Israele.
I cristiani videro nel testo un’allegoria dell’intimo rapporto che legava Cristo alla chiesa: la sua liricità esplicita e le ricche descrizioni dell’unione fisica e spirituale tra due persone che si amano, esprimono la profonda passione per ogni essere umano di Gesù in quanto amante dell’umanità. Dio è l’amante che corteggia l’umanità e che anima tutti i rapporti d’amore.
Il Cantico dei Cantici esercita uno straordinario fascino.
Si apre con un desiderio di baci, di carezze «più inebrianti del vino, dell’esalare dei profumi».
«Attirami a te», dice l’amata. E come estasiata, continua: «a ragione di te ci si innamora».
Bisogna ricordare che già all’interno della stessa Bibbia l’amore sponsale è spesso allegoria dell’amore di Dio per il suo popolo, la sua creatura.
Per i cristiani, quindi, è piuttosto logica l’allegoria che interpreta il Cantico un inno all’amore di Cristo per la chiesa, o dell’anima con il suo Signore. Così hanno fatto i mistici di tutte le epoche.
«Dove ti sei nascosto,
Amato, abbandonando me
gemente?
Come un cervo fuggisti
dopo avermi ferita;
uscii invocandoti e te ne eri
andato»
(S. Giovanni della Croce).
Nicola Incampo
Responsabile della CEB per l’IRC e per la pastorale scolastica