sabato, 20 Aprile 2024

In questi giorni ho riletto la prima lettera che il Cardinale Martini inviò alla sua diocesi.

La lettera è datata novembre 1980 ed è intitolata: “La dimensione contemplativa della vita”.

Nella lettera si afferma che chi non sa fare silenzio, chi non desidera e non cerca di parlare con Dio nel silenzio, è meno uomo, perché gli manca una dimensione essenziale dell’esistenza, quella contemplativa appunto.

Provate ad immaginare nella città di Milano, città molto attiva, causò tanto stupore il fatto che il primo messaggio del nuovo arcivescovo fosse dedicato alla meditazione, alla contemplazione.

Nella lettera si legge con molta semplicità che la sua lettera vuol essere un messaggio “per tutti gli uomini di buona volontà di Milano e dell’intera diocesi, spesso appesantiti dall’accumulo delle fatiche quotidiane e dalla molteplicità delle preoccupazioni”; un appello “a ogni uomo e donna che intende condurre un’esperienza ordinata e sottrarsi a quella frattura tra lavoro e persona che minaccia oggi un poco tutti”.

Come è attuale questo pensiero!

Il silenzio, la preghiera, la contemplazione aiutano a vivere meglio e a lavorare meglio e di più.

Chi nella vita è disordinato e non riserva un tempo al raccoglimento e alla contemplazione è meno uomo perché si svuota di energie morali e spirituali.

A che vale allora il suo agitarsi?

Ricordo molti anni fa andai a visitare una basilica cistercense e chiesi ud monaco di confessarmi e il sacerdote mi dette queste norme di vota:

“Dio si rivela solo nel silenzio e nella povertà.

Rinunzia a quello che è superfluo, togli le distrazioni della vita, mangia di meno e prega di più.

Non vivere una vita superficiale, chiedi a Dio che ti faccia conoscere il suo, vero volto.

Se vivi con distrazione, Dio ti sfugge, ma si manifesta a chi lo cerca con cuore sincero”.

Nel Vangelo leggiamo che anche Gesù si ritirava a pregare.

La gente lo cercava e lui si nascondeva per pregare, per stare solo con Dio.

Vorrei concludere questa mia modestissima riflessione con la consapevolezza che la preghiera e la contemplazione non sono una fuga dalla realtà e della vita, ma un chiedere a Dio le forze morali e spirituali per meglio affrontare le fatiche e le durezze dell’esistenza.

Ritornando alla lettera, cardinal Martini scrive: “L’ansia della vita non è la legge suprema, non è una condanna inevitabile. Essa è vinta da un senso più profondo dell’essere uomo, da un ritorno alle radici dell’esistenza”.

Mai come in questi giorni di pandemia e di paura per una terza guerra mondiale, tutti dobbiamo saper trovare, nelle nostre frenetiche giornate, il tempo necessario al silenzio e all’incontro con Dio.

Nicola Incampo

Responsabile dell’IRC e della Pastorale Scolastica della Conferenza Episcopale di Basilicata

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