venerdì, 26 Aprile 2024

Ho letto in questi giorni un commento al libro di Giobbe, e precisamente un commento di San Leone Magno che diceva così: “Si insegna con autorità, quando prima si fa e poi si dice. Si sottrae credibilità all’insegnamento, quando la coscienza impaccia la lingua.

Perciò è assai raccomandabile la santità della vita che accredita veramente chi parla molto più dell’elevatezza del discorso”. (Dal commento al libro di Giobbe di San Gregorio Magno, papa).

Sono parole che pesano soprattutto sulle coscienze di coloro che sono chiamati a dover insegnare.

Ecco perché San Paolo VI nell’Esortazione Apostolica Evangelii nuntiandi del 1975 scrive una felice espressione che dice così: “Il mondo crede più ai testimoni che ai credenti”.

È tanto vera questa espressione che se riflettiamo bene insegare con le parole, può essere relativamente semplice anche se richiede esperienza e competenza.

Insegnare con lo stile della propria vita è sicuramente più difficile, ma davvero più credibile.

Dobbiamo imparare e rendere vero nei nostri gesti e nei nostri sentimenti quello che insegniamo.

Sono stato sempre convinto che chi è chiamato a compiti educativi, genitori e insegnanti, sanno bene che la coscienza rimprovera se stessi, nel segreto, quando ai figli, o agli alunni, si chiedono cose in dissonanza con il proprio stile di vita e si recita la parte di chi comunque deve chiedere, indicare, insegnare.

Ecco perché i veri maestri devono insegnare con lo stile della propria vita, nel silenzio eloquente dell’esempio.

Sì con il silenzio dell’esempio, quell’esempio che a volte è più forte e dirompente di ogni discorso.

Gesù di fronte all’ipocrisia degli scribi e dei farisei affermava: “Gli scribi e i farisei siedono sulla cattedra di Mosè. Fate dunque e osservate tutte le cose che vi diranno, ma non fate secondo le loro opere; perché dicono e non fanno.”. (Matteo 23, 2-3).

Infatti non si insegna senza far passare nel proprio stile di vita e si recita la parte di chi comunque deve chiedere, indicare, insegnare.

In conclusione vorrei invitarvi a riflettere che Gesù non ha mai chiesto nulla nei suoi insegnamenti che non abbia già osservato e messo in pratica.

Ecco perché insegna con autorevolezza e tutti gli davano ascolto.

Le parole sono anticipate dal suo stile di vita.

Se i maestri facessero così, il mondo sarebbe sicuramente diverso.

Nicola Incampo

Responsabile della Conferenza Episcopale di Basilicata per l’IRC e per la pastorale scolastica

Pubblicità

Pubblicità
Copy link
Powered by Social Snap