giovedì, 2 Maggio 2024

Oggi vorrei fare una riflessione sulla giustizia.

Vorrei parlare della giustizia, perché in questi giorni che i media parlano di innocenti in carcere per anni e di persone portate in tribunali come bestie.

La mente mi riporta a rileggere quello che il profeta Isaia gridava: “Guai a coloro che assolvono per regali un colpevole e privano di un suo diritto un innocente. (Cfr. Geremia 5,23).

E questo pensiero mi ha portare a rileggere il li di Mario Berri “Fede nella giustizia” e da questo libro vorrei proporvi “Il decalogo del Giudice”.

Mario Berri nato a Genova il 6 ottobre 1912 e morto a Roma il 15 marzo 1996, è stato un giurista italiano.

Laureato in giurisprudenza (Genova 1934) e scienze politiche (1935), entra in magistratura lo stesso anno della seconda laurea, vincendo il concorso a 89 posti di “uditore di tribunale”.

Le prime funzioni giudiziarie le svolge presso il tribunale di La Spezia e poi in quello di Frosinone dal 1936 al 1939.

Nel 1938 si sposa con Maria Vittoria Boselli, dalla quale ha 4 figli.

Fu segretario della Commissione ministeriale per la riforma del codice di procedura civile approvato con il Regio decreto 28 ottobre 1940, n.1443, presieduta dall’allora Guardasigilli Dino Grandi con la collaborazione dei professori Enrico Redenti dell’Università di Bologna, Francesco Carnelutti dell’Università di Milano, Piero Calamandrei dell’Università di Firenze e del dott. Leopoldo Conforti, avvocato generale della Corte di Cassazione.

A fine 1942 è trasferito alla Procura Generale di Cassazione presso la quale rimane sino al suo collocamento a riposo (6 ottobre 1982), lì rivestendo varie qualifiche di magistrato di appello e di cassazione tra cui, dal 24 aprile 1981 al 6 ottobre 1982, primo presidente della Corte di cassazione.

Il decalogo è il seguente:

  1. Il timore di Dio è l’inizio della giustizia umana.
  2. Coloro che tu giudichi sono tuoi fratelli sofferenti.
  3. Sii sollecito nei processi: l’attesa del giudizio è già pena.
  4. Sei fallibile: ascolta con attenzione i difensori e leggi con scrupolo tutte le carte processuali.
  5. Sii intellettualmente umile, sereno prudente.
  6. Non giudicare mai la responsabilità di fronte a Dio dell’accaduto.
  7. La giustizia è premessa di carità.
  8. Chiedi quotidianamente la luce di Dio.
  9. Sia il tuo giudizio pervaso dalla sofferenza di accertare la verità valendoti di mezzi umani, limitati.
  10. Chiedi perdono a Dio degli errori in cui involontariamente incorso e domandagli di ricondurre a vera giustizia le tue decisioni.

A questo decalogo mi permetto di aggiungere le parole di un grande giurista, Piero Calamandrei, a proposito del Crocifisso presente nelle aule giudiziarie posto alle spalle dei giudici.

In questo modo può vederlo solo il giudicabile il quale, essendo il crocifisso simbolo doloroso dell’errore giudiziario, lo considererebbe simbolo non di fede, ma di disperazione …

Invece dovrebbe essere collegato proprio in faccia ai giudici, ben visibile nella parete di fronte, perché lo considerino con umiltà mentre giudicano e non dimentichino mai che incombe su di loro il terribile pericolo di condannare un innocente”.

Nicola Incampo

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