venerdì, 26 Aprile 2024


“Fu una notte lunga – e anche se precipitò in un sonno profondo, lui non perse coscienza del suo corpo. Per tutto il tempo ebbe la penosa sensazione che le sue braccia si fossero ridotte, le gambe accorciate il collo compresso, la mascella allungata, gli occhi ingranditi e il respiro tutto articolato in una serie di piccoli travagli respiratori”.
Basta una notte per ritrovarsi da uomo a cane, in una situazione kafkiana e davvero molto malinconica. Accade nel primo romanzo di Giuseppe Zucco Il cuore è un cane senza nome (Minimum Fax, collana Nichel): il protagonista, dopo essere stato lasciato dalla ragazza, continua la sua vita con apparente tranquillità – in realtà la sua angoscia sta implodendo. Si isola, vorrebbe evitare che gli altri si rendano conto del suo disagio, di un vuoto così intimo, invasivo, martellante. A un tratto si accorge prima di guaire, poi c’è la metamorfosi, una trasformazione radicale che sconvolge più il lettore che l’uomo che la sta subendo.
Con uno stile cadenzato e descrizioni dettagliate, Zucco mette a nudo i sentimenti raccontando le forme del dolore di un abbandono. Il cane senza nome inizia a cercare la donna in un viaggio che rivelerà tutte le sfumature dell’amore, tra tenerezza e struggimento.
Non si rimane indifferenti da questo cane molto umano, dal suo incedere incerto nel campo minato dei sentimenti: con Il cuore è un cane senza nome l’autore conferma e reinventa un verso di Emily Dickinson, «che l’amore è tutto quanto c’è».
Giuseppe Zucco (1981) lavora alla Rai. Ha esordito con un racconto nell’antologia L’età della febbre (minimum fax, 2015) e ha pubblicato una raccolta di racconti, Tutti bambini (Egg Edizioni, 2016).
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