martedì, 23 Aprile 2024

Oggi vorrei farvi riflettere sulla “Festa delle capanne”.

La terza e ultima festa del pellegrinaggio si celebrava dal 15 al 23 Tishri – settembre/ottobre -.

Immaginate che i pellegrini, quando arrivavano a Gerusalemme, si costruivano la “sukka” o capanna.

Dovete sapere che la sukka era formata da quattro pareti ed un tetto addobbato di rami verdi, frutta e lampade.

Tutti erano obbligati ad abitarvi per sette giorni: mangiare, leggere, conversare, passare la giornata in capanna, dormirvi la notte.

È inutile dire che i giorni passavano in festosa e serena allegria, in compagnia della famiglia e degli amici.

Si ricordava infatti il tempo passato sotto le tende durante l’esodo dall’Egitto e si ringraziava Adonai, il Signore, per l’anno agricolo.

Era importante che tutti preparassero il “lubab”, cioè il mazzo festivo che era composto di un ramo di palma, tre rametti di mirto e due rametti di salice legati assieme con nastri che potevano essere anche d’oro.

Poi si sceglieva il frutto dell’albero di ornamento, il cedro, detto etrog.

Immaginate che per tutta la settimana si doveva portare il lubab con la destra e l’etrog con la sinistra.

E venivano agitati durante i movimenti rituali del Tempio oppure sotto la “sukka”.

E non finiva qui.

Un altro solenne rito giornaliero nella settimana delle capanne era la festa dell’acqua: “Simhat bet ha-So’evah”.

Nella piscina di Siloe il sacerdote riempiva un’anfora d’oro capace di 3 long, corrispondente circa ad un litro d’acqua che tra grida festose e musica di flauti, era portata in processione al Tempio.

Poi sull’altere del Tempio, che era stato ornato di rami di salice si faceva la solenne “libazione”.

Nel frattempo risuonavano tre squilli di tromba, mentre il coro cantava il Salmo 25 “Giro intorno al tuo altare, Signore, per far risuonare voci di lode e narrare tutte le tue meraviglie”.

È interessante sapere che durante questa cerimonia Gesù in piedi gridò: “Chi ha sete venga a me e beva”, come ci dice San Giovanni al versetto 37 del capitolo 7.

Arrivava finalmente la sera che terminava con l’esaltante luminaria dei candelabri d’oro e delle torce nel cortile delle donne.

Gli uomini, invece, danzavano mentre il coro e l’orchestra faceva risuonare salmi ed inni.

Con questa grande gioia popolare terminavano gli otto giorni della Festa delle Capanne.

E con gli occhi pieni di meraviglie i pellegrini tornavano al loro villaggio augurandosi di rivedersi l’anno successivo.

Infatti tutti si scambiavano il fausto augurio “L’anno prossimo a Gerusalemme”.

Nicola Incampo

Responsabile della CEB per l’IRC e per la pastorale scolastica

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