venerdì, 26 Aprile 2024

E’ uscita dal coma dopo una rarissima malattia
infiammatoria demielinizzante: il percorso verso la guarigione di una
diciannovenne è ancora lungo e lento ma la combinazione di una rapida diagnosi
esatta e l’uso di una terapia articolata immunosoppressiva hanno prodotto già
risultati significativi rispetto a un quadro clinico di partenza
drammatico. 

Tutto è cominciato circa due mesi fa, quando la
ragazza ha presentato una sindrome influenzale ma dopo due giorni si è
registrato un progressivo e rapido rallentamento ideo-motorio con stato
confusionale. Accompagnata al pronto soccorso del San Carlo la puntura lombare
escludeva una meningite batterica e in poche ore la ragazza presentava
insufficienza respiratoria e poi uno stato di coma severo. Ricoverata in
Rianimazione, veniva intubata e posta in coma farmacologico. La Risonanza
magnetica nucleare cerebrale e midollare evidenziava lesioni infiammatorie
demielinizzanti multifocali cerebrali e a livello del midollo spinale toracico.
L’esame elettromiografico evidenziava anche una poliradicoloneuropatia
(malattia dei nervi) agli arti superiori ed inferiori. Con la diagnosi di
encefalomieloradicolonevrite post-infettiva fulminante è stata iniziata,
immediatamente, una terapia con cortisone ad alte dosi per 5 giorni e a seguire
plasmaferesi (5 sedute a giorni alterni per 7 giorni) e poi due cicli di
terapia con Immunoglobuline endovena.

La plasmaferesi
è una procedura terapeutica che permette di separare la componente liquida del
sangue (il plasma) dalla componente cellulare, rimuovendo sostanze in esso
presenti, in questo caso gli autoanticorpi. Dopo 10 giorni era interrotto il
coma farmacologico e la paziente si risvegliava, era vigile ma con un quadro
clinico simile alla sindrome locked-in o del chiavistello. “Questa
sindrome – spiega il primario di Neurologia, Ernesto Ferrante (nella foto) – è generalmente
causata da un ictus ischemico del tronco-encefalo : una condizione nella
quale il paziente è cosciente e sveglio, ma non può muoversi oppure parlare a
causa della completa paralisi di tutti i muscoli volontari del corpo. La
ragazza riusciva a comunicare solo aprendo e chiudendo gli occhi. Dopo circa 10
giorni dal risveglio dal coma ha cominciato a muovere la mano e l’avambraccio
destro e in seguito anche la mano sinistra, migliorando così le capacità di
comunicazione”.
In seguito si praticava tracheostomia per prevenire complicanze respiratorie e
la gastrostomia endoscopica percutanea, cosiddetta PEG, poiché la ragazza non
era in grado di deglutire. La PEG consiste nel praticare un piccolo foro sulla
parete addominale attraverso il quale poi si posiziona un sondino che termina
con un estremità nello stomaco e consente un’adeguata alimentazione. Poi la
paziente è stata trasferita in Neurologia e quindi in un centro di
Riabilitazione intensiva. Dopo circa 50 giorni dall’ esordio dei sintomi la
paziente muove il capo, gli arti superiori e riesce a comunicare scrivendo
brevi frasi di senso compiuto con penna e/o tastiera del cellulare.

“La encefalomieloradicolonevrite post-infettiva
fulminante – ha precisato il dottor Ferrante – è una rarissima malattia.
Definita con l’acronimo ADEM dall’inglese ‘acute disseminated
encephalomyelitis’ è una malattia infiammatoria demielinizzante, scatenata da
una infezione, anche banale, come una sindrome influenzale, che innesca un
meccanismo autoimmunitario per cui l’organismo produce anticorpi che attaccano
la mielina, la guaina che avvolge le fibre nervose delle cellule nervose del
cervello, midollo e talora, rarissimamente, come nel caso della nostra paziente
, anche dei nervi, portando in breve tempo alla paralisi completa degli arti e
al coma. I casi in cui vengono interessati anche i nervi sono i casi più gravi
con prognosi più severa. La diagnosi precoce, e la tempestiva terapia
immunosoppressiva, che contrasta la produzione di autoanticorpi, la
plasmaferesi e la somministrazione di immunoglobuline endovena, consentono una prognosi
migliore, come nel nostro caso”.

“Ancora una volta – commenta il
direttore sanitario dell’Aor San Carlo Antonio Picerno – paga il lavoro di
gruppo multidisciplinare. In questo caso hanno cooperato ben cinque equipe : la
Rianimazione (diretta da Mileti), malattie infettive (direttore De Stefano),
centro trasfusionale che ha eseguito la plasmaferesi (direttrice Musto),
endoscopia digestiva (direttore Sigillito) che ha eseguito la PEG e Neurologia
(direttore Ferrante). E’ stato così possibile raggiungere un buon risultato
terapeutico nella cura di una rarissima malattia che ha spesso esito
infausto”.
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