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Pubblichiamo l’omelia della Messa dei Pastori che monsignor Pino Caiazzo, arcivescovo della diocesi di Matera-Irsina, ha rivolto ai giovani:
Carissimi tutti, soprattutto carissimi giovani,
all’alba di questo nuovo giorno, come è ormai tradizione da secoli, siamo pronti a metterci in cammino dietro la Madonna dei pastori, così come facevano i veri pastori, per adorare in Lei la presenza divina di Cristo Gesù.
La festa della Visitazione, che da sempre a Matera si celebra il 02 luglio, ci aiuta a riflettere sulle tante difficoltà e apprensioni nelle quali siamo immersi in questo tempo.
L’episodio evangelico della Visitazione ci aiuta a cogliere segni di speranza per imparare ad essere costruttori di futuro, di sogni da concretizzare, in una prospettiva di ripartenza o meglio di rinascita.
Il brano del Vangelo, che puntualmente viene proclamato il 02 luglio, ci presenta la storia di due donne, una giovane, Maria, e una anziana, Elisabetta, che vivono entrambe la maternità. Ma si tratta di una maternità impossibile per entrambe perché sfida la legge della natura, imponendosi con una parola dell’Angelo: «nulla è impossibile a Dio». Ciò vale per la giovane, che all’inizio della sua vita feconda non conosce uomo, come per l’anziana, sterile perchè in tarda età. Ma in entrambe Dio permette di generare un germoglio di nuova esistenza.
Carissimi giovani, non vi pare che spesso nel modo di ragionare comune, ci sia molta rassegnazione e pessimismo? Mi sbaglio o si sta coltivando la convinzione di non guardare avanti di proposito per il timore di non essere capaci di immaginare e progettare il futuro? Forse avete ragione, perché sta venendo meno la fiducia nelle diverse istituzioni, e vi state convincendo che non si possa realizzare un vero e proprio sviluppo sociale ed economico.
Maria, la nostra Madonna della Bruna, proprio questa mattina ci insegna che tutti abbiamo bisogno di aprirci ad una visione di speranza. Lei, dice l’evangelista Luca, si alzò subito e si mise in cammino. Farete la stessa cosa anche voi al termine della messa: vi metterete in cammino, attraversando i Sassi, manifestando e gridando tutto il vostro entusiasmo, la vostra gioia, la vostra forza. E’ incontenibile espressione della voglia di vivere, unica condizione per costruire un’umanità nuova, partendo dal senso del dovere di Maria nel servire ed aiutare la cugina Elisabetta.
Mettersi in cammino significa svegliare l’aurora, l’alba di una nuova stagione, lasciando cadere ogni forma di disfattismo e incominciando a coltivare segni di speranza che solo voi potete far crescere. Oggi Dio si serve di voi, perché mette il seme della vita in ognuno. Sta a noi coltivarlo, abbandonando la tentazione che ogni sforzo sia inutile. Se crediamo in Maria, a maggior ragione, dobbiamo credere in Colui che ha reso possibile in Lei l’impossibile: Dio che si è fatto carne nella sua carne. Ecco perché, come alle nozze di Cana, quando ormai mancava il vino, cioè la speranza, l’amore, la fratellanza, dice ai discepoli del Figlio e oggi ad ognuno di voi, di noi: “Fate quello che Lui vi dirà”. E Lui ci dice di riempire le anfore della nostra storia di quell’acqua che vivifica e che sarà cambiata in un vino migliore.
Certamente conoscete la canzone di Simone Cristicchi, definita una preghiera laica: “Abbi cura di me”. Lo scorso settembre, in occasione del Congresso Eucaristico, è ritornato a Matera. Mi pare di cogliere nelle sue parole un inno alla vita, all’amore e all’impegno concreto di ognuno. Sarebbe stato bello leggerla tutta ma è davvero lunga. Ne riporto la parte centrale:
Il tempo ti cambia fuori, l’amore ti cambia dentro
Basta mettersi al fianco invece di stare al centro
L’amore è l’unica strada, è l’unico motore
È la scintilla divina che custodisci nel cuore
Tu non cercare la felicità, semmai proteggila
È solo luce che brilla sull’altra faccia di una lacrima
È una manciata di semi che lasci alle spalle
Come crisalidi che diventeranno farfalle
Ognuno combatte la propria battaglia
Tu arrenditi a tutto, non giudicare chi sbaglia
Perdona chi ti ha ferito, abbraccialo adesso
Perché l’impresa più grande è perdonare se stesso
Attraversa il tuo dolore, arrivaci fino in fondo
Anche se sarà pesante come sollevare il mondo
E ti accorgerai che il tunnel è soltanto un ponte
E ti basta solo un passo per andare oltre
Ma non dimentichiamo che nulla si ottiene senza impegno, fatica, sudore, sacrificio, anche paura. La Madonna sente che deve affrontare un viaggio per nulla semplice, molto faticoso, sfidando i tanti pericoli e le paure del tempo. Ma la forza della vita che la abitava, Gesù, le consente di andare avanti con determinazione e di scalare la montagna.
Ogni nostra azione, ogni gesto di altruismo, che significa uscire dal nostro piccolo mondo ed aprirci ai bisogni e alle necessità dei tanti nascosti e chiusi nelle loro sofferenze, ci renderà più ricchi di umanità e desiderosi di rimboccarci le maniche ed essere protagonisti.
Matera ha bisogno di voi, della vostra disponibilità per essere non solo volontari ma soprattutto operatori di carità per aiutarci a vincere le disuguaglianze sociali ed economiche che negli ultimi anni sono notevolmente aumentate. Un solo dato: le mense della fraternità “D. Giovanni Mele” e quella di “S. Rocco” lavorano quotidianamente ad un ritmo sempre più sostenuto. Abbiamo bisogno anche del vostro aiuto.
Questo è lo stile mariano, per non vanificare la nostra devozione alla Madonna della Bruna. E’ lo stile di questa giovane donna che si mette a servizio della vita, quindi di Dio, abbandonando le sue sicurezze e i suoi ritmi di vita. Maria è rivestita di Dio, è posseduta e abitata da Dio. Quest’intimità le permette di guardare la vita in positivo.
Carissimi giovani, in questa azione che Maria permette a Dio, possiamo cogliere, per dirla con S. Paolo “la corsa della Parola” (cf. 2Ts 3,1), l’inizio di una nuova evangelizzazione che, tra l’indifferenza generale del cammino di fede, attraverso la fragilità di una donna, trova la forza, la determinazione di vincere la cultura del tempo che la relegava ai margini della vita civile e religiosa. Maria è la vera donna emancipata che sa dare gusto e sostanza al suo essere donna perché ha accolto nella sua carne Gesù che si è fatto carne, Eucaristia, e che ancora una volta vuole dare ad ognuno di noi, perché è Madre di Dio e Madre nostra.
Mi piace riprendere quanto, al termine del XXVII Congresso Eucaristico, celebrato nella nostra città dal 22 al 25 settembre scorso, Papa Francesco ha detto in una riflessione davvero stupenda. Ne riporto un passaggio: “Ecco allora la sfida permanente che l’Eucaristia offre alla nostra vita: adorare Dio e non sé stessi, non noi stessi. Mettere Lui al centro e non la vanità del proprio io. Ricordarci che solo il Signore è Dio e tutto il resto è dono del suo amore. Perché se adoriamo noi stessi, moriamo nell’asfissia del nostro piccolo io; se adoriamo le ricchezze di questo mondo, esse si impossessano di noi e ci rendono schiavi; se adoriamo il dio dell’apparenza e ci inebriamo nello spreco, prima o dopo la vita stessa ci chiederà il conto. Sempre la vita ci chiede il conto. Quando invece adoriamo il Signore Gesù presente nell’Eucaristia, riceviamo uno sguardo nuovo anche sulla nostra vita: io non sono le cose che possiedo o i successi che riesco a ottenere; il valore della mia vita non dipende da quanto riesco a esibire né diminuisce quando vado incontro ai fallimenti e agli insuccessi. Io sono un figlio amato, ognuno di noi è un figlio amato; io sono benedetto da Dio; Lui mi ha voluto rivestire di bellezza e mi vuole libero, mi vuole libera da ogni schiavitù. Ricordiamoci questo: chi adora Dio non diventa schiavo di nessuno: è libero. Riscopriamo la preghiera di adorazione, una preghiera che si dimentica con frequenza. Adorare, la preghiera di adorazione, riscopriamola: essa ci libera e ci restituisce alla nostra dignità di figli, non di schiavi”.
Pensiamo in questo momento alle tante donne discriminate, emarginate, violate e sfruttate, vendute come merce da possedere per godimenti barbari e irrazionali; a quante non hanno diritto di parlare, vivendo segregate in nome di principi religiosi che fanno dire a Dio quanto Dio non dice, ma sono solo precetti di uomini.
Pensiamo alle tante donne costrette, per necessità o egoismi commerciali, a dare l’utero in affitto. Fabbrica per produrre nuove creature su ordinazione.
La maternità di Maria rivela anche la fecondità di Elisabetta, sua cugina. La rivelazione da parte dell’Arcangelo Gabriele mette in movimento la Madonna per servire e aiutare ad accogliere, salvare, sostenere nella crescita la nuova vita. Come credenti, sull’esempio di Maria, non possiamo accettare che la vita sia interrotta: per noi la vita, ogni vita è sacra dal suo concepimento al suo morire naturale.
Riprendo un pensiero conclusivo espresso sempre da Papa Francesco il quale parlando di Maria, nell’indicarci il servizio, dice che lo fa con “coraggio di donna“, e noi oggi non possiamo evitare di pensare alle tante “donne coraggiose che ci sono nella Chiesa: sono come la Madonna. Queste donne che portano avanti la famiglia, queste donne che portano avanti l’educazione dei figli, che affrontano tante avversità, tanto dolore, che curano gli ammalati… Coraggiose: si alzano e servono, servono“.
Concludendo, auguro alla nostra città, in particolare a voi giovani, che la devozione alla Madonna della Bruna si traduca sempre più in quello stile “mariano” che ha fatto grande la Madonna: la fede che si mostra nell’umiltà di essere ancella, la speranza che nasce dalla fede, la carità che si esprime nella capacità di soccorrere i fratelli.
Così sia.