lunedì, 7 Ottobre 2024

 

Riceviamo e pubblichiamo
dal professor Nicola Incampo, Responsabile Regionale della Conferenza
Episcopale di Basilicata per l’IRC e la Pastorale Scolastica:

 

Ogni anno, in estate,
leggiamo interventi di politici a proposito dell’ora di religione a scuola.

E’ di questi giorni 
il Comunicato Associazione Luca Coscioni: abolire l’ora di religione e
sostituirla con un’ora obbligatoria di educazione civica

Purtroppo siamo costretti
a ripetere che il Concordato del 1929 così recita all’articolo 36: “L’Italia
considera fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica l’insegnamento
della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica.
E perciò consente che l’insegnamento religioso ora impartito nelle scuole
pubbliche elementari abbia un ulteriore sviluppo nelle scuole medie, secondo
programmi da stabilirsi d’accordo tra la Santa Sede e lo Stato”.

L’Accordo di revisione
dello stesso Concordato sancito con legge 121 del 25 marzo 1985 nell’articolo
9.2 stabilisce, a mio avviso, una continuità ed un orientamento nuovo, quando
dice: “La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e
tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio
storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare nel quadro delle finalità
della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche
non universitarie di ogni ordine e grado”.

Più che evidente la
continuità con il passato (la sottolineatura della parola continuità è mia), ma
anche da evidenziare il nuovo assetto dell’IRC che viene messo in relazione non
con l’istruzione pubblica, ma con il patrimonio culturale del popolo italiano e
sempre in rapporto con le finalità della scuola.

Sono due le
sottolineature che vanno bene evidenziate: da una parte per chiarire le
caratteristiche di un insegnamento che si inserisce nella formazione culturale
dell’alunno e dall’altra per distinguere l’IRC dalla catechesi che ha come
finalità di formare il credente.

Ma valore culturale del
cattolicesimo non significa insegnamento dimezzato o di un generico
cattolicesimo che non conosca i suoi aspetti caratteristici e
individualizzanti, ma conoscenza precisa nella sua interezza, che comprende
fonti, contenuti della fede, aspetti di vita, espressioni di culto e quant’altro
è necessario per apprenderlo. E il tutto orientato alle finalità scolastiche
che sono di conoscenze di quella specifica cultura italiana, e oggi dovremmo
dire europea ed occidentale, che non è possibile spiegare e conoscere in tutte
le sue forme (letteratura, arte, musica …) senza il cattolicesimo.

E’ opportuno ancora
ricordare che il Concordato del ’29 diceva, sempre all’articolo 36 comma 2:
“Tale insegnamento sarà dato a mezzo di maestri e professori, sacerdoti o
religiosi, approvati dall’autorità ecclesiastica e sussidiariamente a mezzo di
maestri e professori laici, che siano a questo fine muniti di un certificato di
idoneità da rilasciarsi dall’Ordinario diocesano”.

Nel protocollo
addizionale alla revisione del Concordato, in relazione in relazione all’articolo
9, viene ribadito che “l’insegnamento della religione cattolica è impartito da
insegnanti riconosciuti idonei dall’autorità ecclesiastica, nominati, d’intesa
con essa, dall’autorità scolastica” e lo stesso si dice degli insegnanti delle
scuole materne ed elementari.

Di tutto quanto detto
sono profondamente convinto anche per la mia personale esperienza di docente e
chiedo scusa se mi permetto di esprimere queste convinzioni con fermezza ma
anche con senso di stima per il mio lavoro.
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