giovedì, 2 Maggio 2024

È un dolore che probabilmente non avrà mai fine quello della comunità di Pisticci per la morte di Lucio, Luciano e Simone, i tre ragazzi che lo scorso 21 gennaio hanno perso la vita in un incidente stradale.

Li ricorda con un commosso e commovente post su Facebook l’avvocato Michele D’Onofrio, nella foto in copertina con Lucio:

“Lucio mio, come sempre anche stavolta mi sforzo a non chiamarti “Lucio bello”, perché «”bello” l’u discjn l’ viecchj a l’mninn’» e quindi non ti piace.

Mi hai dato l’immenso onore del tuo affetto, della tua immeritata ammirazione, della tua immensa disponibilità e soprattutto della tua fraterna confidenza.

E mi hai fatto sentire importante. Come quando cambiavi di una virgola quel super impianto audio che avevi montato nella tua 600 e mi invitavi a scendere per farmi gustare il risultato o come quando, invece, aggiungevi qualcosa alla Mini, la tua perla preziosa.

Però, fratello mio, io ho capito che per te ero un fatto serio quella mattina in cui mi hai chiamato e mi hai detto: «Avvocato, sono un po’ nervoso… ti va un giro in macchina?». Quel giorno mi hai fatto entrare nella parte più intima di te. Fino ad allora, anche se ne abbiamo sempre parlato con cruda franchezza, mi ero chiesto: «Ma come fa ‘sto ragazzo ad essere così sorridente e gioviale con un tumore addosso?». Ed è per questo che io con te l’educatore non l’ho mai fatto. A che ti dovevo “educare”? Cosa avevi da imparare? E anche quella mattina hai sorriso, però un po’ di meno. E il fatto che in quella silenziosa passeggiata in 600 hai voluto che con te ci fossi io mi inorgoglisce ancora.

La tua presenza in via Alighieri è stata per me quella non di un vicino, ma di un “prossimo” sempre pronto ad intervenire. Fino ad oggi mi sono sempre sentito sicuro perché eri qui, a un passo. E in ogni piccola emergenza il primo pensiero sei sempre stato tu: «tanto c’è Lucio». Se nella strada non c’è un posto e non ti va di girare da solo in auto per trovarne uno, non c’è problema: tanto c’è Lucio. Se ti è morta la macchina la sera tardi alla Madonna delle Grazie e devi andarla a riprendere alle 7.00 di mattina… tanto c’è Lucio.

Fratellino mio, spero dal profondo del cuore di averti dato almeno un po’ di quello che m’hai dato tu e che tu possa aver pensato, almeno solo una volta: «tanto c’è Michele».

Ti penserò sempre… che tanto mi basta mettere in moto una macchina per vedere te che ridi di quel difetto della mia Panda che, all’accensione, faceva fare un giro al tergicristalli. 

Le tue cuffie sono ancora qui, nel cassetto della mia scrivania. Vieni a prenderle quando vuoi. Lo sai: per te la porta dello Studio è aperta sempre.

Simone, quanta voglia avevo di scoprirti ancora di più.

Il tuo desiderio di donare mi ha inorgoglito. Dei ragazzi che sono riuscito a coinvolgere sei stato il più zelante. Da quando te l’ho chiesto la prima volta sei stato sempre puntuale: ogni tre mesi si dona il sangue. E poi alla festa, un mese fa, fra un bicchiere di vino, una pettola e un bello spaghetto, mi hai detto: «Michè, dimmelo quando ci so’ ‘ste cose, che mi organizzo e vi aiuto… a me m’ piascj assà».

E allora te l’ho detto subito: domenica 2 gennaio c’era donazione! E tu non potevi donare perché era passato poco tempo dall’ultima volta, ma potevi darci una mano ad accogliere i donatori, a fare loro il caffè e a servire la colazione. E quanto so’ stato fiero nel vedere lo zelo e la gioia con cui ha fatto ‘sto servizio, Simo’! Eri un personaggio da commedia napoletana, quella mattina.

Nella mia testa ce n’erano tante altre… perchè tu, forse anche per la brutta cosa capitata a Lucio, ci tenevi davvero tanto. Saresti entrato nel direttivo alla fine di questo triennio e sicuramente saresti diventato Presidente.

Sei andato, invece, dove forse puoi donare ancora di più. Qui, intanto, il tuo sangue scorre nelle vene di chi ha avuto questo tuo dono.

Luciano, ci conoscevamo poco. Mi hai offerto una birra qualche settimana fa. Mi hanno colpito il tuo volto pulito e i tuoi occhi speranti, che ora contemplano la Speranza in persona. Tieni da parte una birra. Arriverà il momento di brindare di nuovo insieme alla salute di qualche comune amico mattacchione.

Ragazzi, con ‘sta cosa che il mondo continua a girare anche dopo che ve ne siete andati ci sentiamo di mancarvi di rispetto. Perdonateci.

Avevate tutti e tre il sorriso di chi sa di essere immensamente amato e sa a sua volta immensamente amare. Amateci immensamente ancora adesso. Ne hanno bisogno le vostre mamme, i vostri papà, i vostri fratelli. Ne ha bisogno Gaia. Ne abbiamo bisogno tutti noi che vi abbiamo voluto bene e che da questo amore per voi in questi giorni siamo stati uniti come mai prima era accaduto.

Grazie. Grazie. Grazie.

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