martedì, 30 Aprile 2024

Tre diari di soldati semplici, che cercano di tornare a casa dopo mesi e anni di guerra e prigionia, e tre disfatte di Stato: Adua, Caporetto e l’armistizio dell’Otto settembre. Testimonianze autentiche che illuminano mezzo secolo di Storia italiana, dal 1896 al 1945. È Ostaggi d’Italia. Tre viaggi obbligati nella storia (Exòrma) di Dario Borso. L’alpino di Belluno, il granatiere e il marinaio trevisani, scrivono in modo elementare, claudicante, a volte sgrammaticato ma riescono a farci rivivere in pieno la loro condizione, la trincea, la paura, la sconfitta, lo spaesamento, la volontà di sopravvivere. Dario Borso, che si occupa da molto tempo di Storia e di guerra, ci mostra il valore della microstoria dei casi singoli, e quale rilevanza abbia per la comprensione dei fatti.
“Io un caso singolo ce l’avevo in casa: mio padre, morto nel 2000 senza aver detto una parola sul suo passato di partigiano”. Ci racconta come ciascuno di questi brevi testi sia venuto alla luce e ne ricostruisce con grande attenzione storico-critica le successive trascrizioni e gli interventi di revisione, integrazione, riscrittura di Giovanni Comisso, attore e regista anche delle loro vicende editoriali. Giovanni Comisso, che diventa il riferimento imprescindibile dell’indagine, agli snodi del secolo breve fu sempre presente e partecipe (Grande Guerra, fascismo, Seconda guerra mondiale, dopoguerra, boom economico) e la sua si rivela in questo caso una forma modernissima di perfomance letteraria: “stimolava i subalterni a parlare e soprattutto a scrivere, facendogli si direbbe ora da editor”, come è stato nel caso del marinaio trevisano internato in più lager tedeschi dopo l’armistizio. I diari autografi sono corredati da foto di repertorio, di oggetti personali e manoscritti (sono riprodotti, ad esempio, gli oggetti custoditi ancora nel vecchio baule d’ordinanza della Prima guerra mondiale del granatiere Giuseppe Giuriati). Sono pagine inedite che attraversano le zone più intime di vite modeste, persone ostaggio di guerre certamente non volute, gettate d’autorità sul campo di battaglia, nei luoghi della disfatta.
Dario Borso (Cartigliano – Vicenza, 1949), già docente di Storia della filosofia alla Statale di Milano e di Estetica alla Facoltà di Architettura del Politecnico, traduce e scrive. Noto soprattutto per le sue curatele di varie opere di Kierkegaard, Celan e Arno Schmidt, ha pubblicato un’antologia di Georg Trakl (“Quaranta poesie”, Giometti & Antonello), l’edizione commentata di un romanzo breve di Jean Paul (“Viaggio a Flätz”, Del Vecchio), e suoi per Exòrma “Tre quadernetti indiani” e per Prospero “Celan in Italia”.
Nel 2009 cura il volume di Mario Dal Pra Storia della guerra partigiana, Giunti.
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