martedì, 30 Aprile 2024

Cattiva (Einaudi) non è una storia di maternità fatta di baci, coccole e carezze. È, soprattutto, la storia di un legame in divenire raccontato nella sua autenticità: una madre e una figlia neonata che imparano a conoscersi in una convivenza inevitabilmente forzata, tra notti insonne e pianti (reciproci) indecifrabili, pelle a pelle tra un corpo lacerato ed uno minuscolo.

Rossella Milone ha usato le parole giuste per descrivere ciò che accade in una donna le prime settimane dopo la nascita, alternandole ai ricordi della sala parto. Le pagine su quella che è l’esperienza più bella e sconvolgente che una donna possa vivere si intrecciano infatti ad una quotidianità tutta da rimodulare che ha per leitmotiv una domanda straziante destinata a rimanere senza risposta: che devo fare?

Che devo fare per farla dormire, che devo fare per farla smettere di piangere, che devo fare per riprendermi la mia vita…

Emilia, la protagonista, ha attorno un marito amorevole, dei genitori sempre presenti eppure il suo senso di straniamento e impotenza ha la meglio sulla gioia di essere madre, perché, purtroppo, è così quando un neonato ti toglie il sonno e ti pretende in via esclusiva ventiquattro ore su ventiquattro. È così quando la pediatra banalizza le tue sacrosante richieste (cosa dobbiamo fare se ha mal di pancia, perché non prende il ciuccio, come si fanno i lavaggi nasali…), quando gli altri sono pronti a dispensare consigli (spesso tra loro contraddittori), quando quella parentesi di confusione nella tua vita sembra essere diventata, di colpo, tutta la tua vita.

“Dopo, ci guardiamo a lungo. Cioè, io guardo lei, lei non so cosa veda. Io per lei devo essere un budino, una nuvoletta, qualcosa di non ben definito. Io per lei sono l’odore, il cibo, il suono. Non ha bisogno di me, ha bisogno di ciò che le so dare. E io non so cosa le so dare, se non il latte. L’amore, quello, non ha a che fare con il parto, ma con il tempo. E il tempo si è rotto per tutte e due, al momento.

Però lei vuole da me qualcosa, vuole che io faccia le cose per bene. E ha pure ragione, ché da quelle cose fatte bene e in fretta lei trova quello che le serve.

Ci guardiamo a lungo perché non abbiamo nient’altro da fare.

Aspetto il momento della poppata, ché quando si attacca mi illudo si accorga che qualcosina un poco valgo, e non pensi sia la piagnucolona incapace che sono diventata. E poi mentre lei succhia io posso ritornare a essere viva, non per la vita che passo a lei, no: per la vita che devo passare a me. (…)”.

Cattiva è un romanzo bellissimo e coinvolgente, spietato al punto giusto per far capire che il legame madre-figlio è un percorso accidentato – fatto di errori, ansie, aspettative, speranze – e profondamente personale.

Cattiva riesce anche in un’impresa impossibile: raccontare il recalcitrante processo che trasforma una coppia in una coppia di genitori. “Le madri e i padri posseggono millenni di esperienza alle spalle, ma nessuno in tutta l’evoluzione umana è mai diventato un genitore perfetto”. Perché un figlio è prima di ogni altra cosa una rivoluzione cognitiva, e quando è troppo presto per parlare d’amore forse è proprio il momento giusto per farlo.

Rossella Milone ha pubblicato per Einaudi La memoria dei vivi(2008), Poche parole, moltissime cose (2013) e Cattiva (2018). Per minimum fax ha pubblicato Il silenzio del lottatore (2015), e un suo racconto compare nella raccolta L’età della febbre. Per Avagliano, esce Prendetevi cura delle bambine, nel 2007, e per Laterza, nel 2010, Nella pancia, sulla schiena, tra le mani. Ha pubblicato svariati racconti in antologie. Collabora con diverse testate giornalistiche e coordina l’Osservatorio sul racconto Cattedrale (www.osservatoriocattedrale.com).

Rossella Montemurro
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